
[rating=4] Ad ospitare il concerto del 19 marzo è l’ambiente accogliente del Teatro Manzoni di Bologna, morbido nelle forme architettoniche quanto nell’acustica.
La serata è dedicata alla musica russa e dell’Est europeo, non solo nel repertorio, ma anche per la presenza del giovane direttore uzbeko Aziz Shokhakimov, chiamato a guidare l’Orchestra del Comunale di Bologna. Un direttore tanto giovane quanto ricco di esperienza, avendo alle spalle, fresco dei suoi ventisei anni, una carriera già più che decennale.
Il concerto si apre subito con un cambio di programma. Lo studio da concerto “Feux Follets” di Tarnopolskij non sarà eseguito, a causa della mancata presenza dell’autore, per quella che doveva essere la prima esecuzione assoluta dell’opera revisionata. Un vero peccato, considerando che questo sarebbe stato il tassello per completare il viaggio che dai grandi maestri della scuola russa arriva ai giorni nostri. Il brano viene sostituito con una scelta più che onorevole, “Una notte sul Monte Calvo” di Musorgskij, che apre la serata. Si tratta di un’opera che da sola sintetizza quanto questo compositore sia stato lungamente emarginato, se si pensa che non riuscì mai a farla eseguire durante la sua vita. La potenza degli ottoni, che suonano senza risparmiarsi, si dispiega nel gesto imperioso del direttore, gesto che si ammorbidisce solo nella dolcezza dell’intervento dei legni e dei violini. La schiettezza dei tromboni e della tuba ben interpretano la sincerità del linguaggio di Musorgskij.
Il “Taras Bulba” è il secondo brano in programma. Si tratta di una rapsodia per orchestra scritta durante la Prima Guerra Mondiale dal compositore moravo Leoš Janáček. I tre episodi che la costituiscono sono completamente diversi nello spirito: il primo si apre con una sonorità morbida, intrisa di nostalgia, interrotta in più momenti dal suono dell’organo, evocatore dei ricordi appassionati del protagonista. Man mano si instaurano movimenti delle varie sezioni, in contrapposizione ritmica tra loro. Nel secondo quadro, un ostinato ritmico è una presenza costante, a creare la tensione che sfocerà nel clima più concitato del terzo episodio, quando l’orchestra si lascia trasportare dalla mano sicura di Shokhakimov, che la guida come fosse un unico strumento. A questo punto torna in scena l’organo, ma con un effetto tutto diverso rispetto all’inizio, ora a sottolineare la tragicità del racconto di Gogol a cui il “Taras Bulba” si ispira. Il finale si chiude con l’orchestra che lentamente fagocita il fraseggio rapsodico del primo violino.
Con il Preludio da “Kovanchina”, sempre di Musorgskij, capiamo il perché della disposizione orchestrale scelta dal direttore per questa serata. Le viole poste sul fronte del pubblico, in luogo dei violoncelli, fanno risaltare l’incipit dell’opera, di cui sono protagoniste. Alla delicata melodia degli archi si sovrappone una marcia, scandita dalle percussioni, condotta magistralmente da Shokhakimov. Anche in questo caso il direttore sembra plasmare il suono del clarinetto che si libra sugli archi.
L’”Uccello di fuoco” è pura magia, per la storia che racconta e per la straordinaria realizzazione musicale, il primo dei balletti russi composti da Stravinskij, che sconvolgeranno il mondo. Shokhakimov è in perfetta sintonia con il compositore russo, che scrisse questa musica nel vigore dei suoi ventotto anni. Come a dire: a questi livelli, a trent’anni la carriera dev’essere già fatta!
L’effettistica degli archi e dei flauti rende la musica estremamente descrittiva, tanto che il direttore ora gioca con l’orchestra, facendo emergere a tratti i temi che hanno reso celebre il balletto, motivi che si spostano da una sezione all’altra, che si spezzano per tornare poi ad uno strumento solista, avvolto da una splendida orchestrazione. Anche nella ferocia della danza di Kascej gli archi mantengono la morbidezza degli episodi precedenti. Le grandi arcate che portano alla conclusione sembrano un omaggio al finale dei “Quadri da un’esposizione” di Musorgskij, quasi a richiamare il repertorio iniziale della serata.
In conclusione, oltre all’ottima scelta del programma del concerto, che lo rende godibile nonostante i cambiamenti apportati, ciò che segna veramente la serata è la splendida direzione di Aziz Shokhakimov. Dotato di un gesto secco e precisissimo, guida l’orchestra con la giusta intenzione, impetuoso quando serve e senza mai trascendere in romanticismi anacronistici anche nelle parti più liriche. La direzione, estremamente sicura, è resa possibile solo da una grande padronanza della partitura. Speriamo di rivedere presto questo talento nei nostri teatri.