Viotti infamma la Scala con “l’unica sesta”

Il giovane direttore dirige la Filarmonica della Scala per la Sinfonia n. 6 in La minore di Mahler

Classe 1990, Lorenzo Viotti è l’enfant prodige della direzione franco-italiana, nominato “Newcomer of the Year” nel 2017 agli International Opera Awards di Londra, è oggi direttore musicale dell’Orchestra Gulbenkian e direttore principale dell’Orchestra Filarmonica dei Paesi Bassi, dell’Orchestra da camera dei Paesi Bassi e dell’Opera Nazionale neerlandese. Torna, per la stagione sinfonica 2025, al Teatro alla Scala di Milano con un’opera ambiziosa, degna di questo giovane talento, ovvero la Sinfonia n. 6 in La minore di Mahler, sicuramente la più controversa nella produzione del compositore.

Scritta nel 1903 e terminata nel 1905, “l’unica sesta” come amava definirla Mahler (con un appuntito sgambetto all’omonima e più popolare sinfonia di Beethoven), fu più volte modificata dall’autore e nelle prime esecuzioni, risalenti al 1906 lo Scherzo precedeva l’Andante; per la versione definitiva bisognò aspettare l’esecuzione viennese del 1907 in cui Mahler ripristinò l’ordine iniziale delle parti: Allegro energico, ma non troppo (Heftig, aber markig), Scherzo (Wuchtig, Pesante), Andante moderato, Finale (Allegro moderato, tempo tagliato).

Per il secondo appuntamento della stagione sinfonica scaligera Viotti dirige, con l’impeto e la precisione a cui ci ha abituati, la grande orchestra della Filarmonica della Scala, per l’occasione composta da oltre 100 membri, in questo viaggio mahleriano verso l’inesorabile destino, in un alternarsi di fortissimo e pianissimo che raccontano l’imprevedibile moto della vita.

La sinfonia n. 6 si apre con cinque battute introduttive in un energico ritmo di marcia, brusco e determinato, l’agitazione che ne segue si placa di fronte al corale di legni che conduce al “tema di Alma”, in cui Mahler prova a mettere in musica la donna amata con un carica vitalistica e piena di passione più che di dolcezza. Lo Scherzo è la visione del mondo “altro”, della natura minacciosa e rassicurante insieme che traina il pubblico verso la dolcezza e la rassegnazione dell’Andante. Ma il vero coup de teatre della sesta mahleriana è il Finale, in cui la composizione diventa quasi “futurista” e alla musica si accompagna il rumore del martello sulla cassa di legno e della frusta sulla grancassa, l’eroe è colpito tre volte e tre volte si rialza nella feroce lotta con la vita per sopravvivere.

Il destino intanto si compie, la musica si interrompe e il pubblico rilascia la tensione accumulata negli 80 minuti di spettacolo in un liberatorio fragoroso applauso.