L’anima di Folco Chiti Batelli tra natura e città

[rating=4] Il Museo Mediceo di Palazzo Medici-Riccardi ospita fino al 25 marzo 2014 una personale dell’artista fiorentino Folco Chiti Batelli, scomparso nel 2011. La mostra, titolata “Segni d’anima e di città”, ripercorre la vita pittorica di Chiti Batelli, dagli esordi negli anni ’60 alla morte. Molti i temi affrontati: dai paesaggi naturali alle città, passando per elementi e soggetti ricorrenti quali semafori, cabine telefoniche, cartelloni pubblicitari, cassonetti, impalcature, pompe di benzina, camion.

I primi lavori esposti risalgono agli anni ’60 e costituiscono un complesso tematico legato al paesaggio; elemento comune la tinta coloristica – il giallo ocra nelle sue diverse tonalità che vanno dal giallo-oro al marrone chiaro – ora intensa ora velata, impreziosita da tratti più o meno decisi di colore rosso, bianco, blu o nero che enfatizzano i lineamenti di case, chiese, strade, colline.

Nella prima opera esposta, titolata Paesaggio, una visione distaccata di insieme restituisce allo sguardo attento dell’osservatore una serie di volti umani i cui tratti costituiscono, da vicino, le linee portanti delle case del paesaggio raffigurato.

Un corpus di opere astratte, in parte legate all’arte informale europea degli anni ’40-’50, che ci offre forme amorfe nelle quali l’attenzione si concentra sulla valorizzazione del gesto, del segno e, soprattutto, della materia pittorica. Gli intrecci dei segni proposti da Chiti Batelli hanno un ritmo lento e meditativo e alcuni tratti richiamano alla mente quelli del francese Georges Mathieu che usava spremere i tubetti di colore direttamente sulla tela.

“Segni d’anima e di città” - personale di Folco Chiti Batelli

Poi lo stile cambia; i colori predominanti delle tele o delle tavole diventano il blu, il bianco, il rosso, il verde e il giallo; i soggetti prevalenti quelli naturali. È interessante notare che in essi Chiti Batelli sembra aver fatto sue le tecniche di Jackson Pollock, da quella del dripping, lo sgocciolamento del colore, a quella dell’action painting, la pittura d’azione, con linee e tagli coloristici che si uniscono a veri e propri vortici di colore.

Nei paesaggi realizzati negli anni ’70-’80 dominano il movimento e i contrasti coloristici di tinte calde e tinte fredde con contrapposizioni sorprendenti di luce, ora sinistra e minacciosa ora serena e meditativa. In queste tele Chiti Batelli esprime il viaggio della sua anima alla ricerca del sublime nella natura. La natura comunica all’artista le forze primordiali davanti alle quali l’uomo avverte un duplice sentimento di sgomento e di profonda commozione. Luoghi selvaggi si alternano a vedute evocative connotate da una straordinaria ricchezza di luce e colore, come nella tavola titolata Albero, che riporta alla mente i capolavori degli inglesi Turner e John Martin.

Tra le opere degli anni ’90 catturano lo sguardo dell’osservatore due Finestre, quella su Montecatini e quella su un paesaggio. Dall’interno all’esterno, dalle tenebre alla luce. In questi due lavori Chiti Batelli sembra strizzare l’occhio a John Constable e, più in generale allo spirito romantico che contrapponeva al paesaggio naturale quello delle architetture degli edifici. Così come nella tela Impalcature alla Fortezza da Basso nella quale i lavori dell’uomo nella città sono illuminati dall’argentea luce lunare che apre il notturno e vorticoso cielo fiorentino, connotato da quel blu di Prussia e da quel giallo-bianco lunare che richiamano il Van Gogh de La notte stellata.

“Segni d’anima e di città” - personale di Folco Chiti Batelli

Nelle creazioni più recenti, che dagli anni ’90 arrivano alla morte, l’autore mette su tela o su tavola molti degli elementi costitutivi della vita quotidiana del capoluogo fiorentino e, in particolare, del quartiere di Campo di Marte dove è nato e vissuto. In molte di esse pennellate agili e vigorose si uniscono a giochi coloristico-prospettici e accentuano effetti di movimento ed energia. Sembra di calarsi in quelle dimensioni astratte e visionarie, far parte di quei momenti colti e fermati sulle tele che spesso, come in Camion, in Semaforo e in Cartellone pubblicitario, richiamano lo slancio vitale, il rombo dei rumori, il dinamismo del tempo industriale delle opere futuriste di Umberto Boccioni, prima fra tutte La città che sale del 1910.

I camion, le auto, le moto di Chiti Batelli percorrono le bianche strade fiorentine lasciando dietro di sé vibrazioni di materia e di luce che evocano ombre, emozioni, suggestioni, visioni, deformazioni, concezioni spaziali delle memorie dell’artista.

Cento opere che ci testimoniano la singolare unione dell’occhio, del cuore e della mente di Folco Chiti Batelli con la natura e con la città in una sintesi affascinante che è il processo artistico della creazione stessa, di quei sentimenti che parlano attraverso i colori e le immagini.

Segni d’anima e di città che, in una luce trasfigurante o melanconica, in un tono inquietante o meditativo, in un’atmosfera irreale ed evocativa, illuminano il significato e la natura delle cose, diventano poesia che aggiunge agli oggetti un significato che va oltre a quello originario e ne svela l’essenza.

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