
Il lavoro proposto da Riccardo Donati (contrabbasso) e Giuseppe Bruno (pianoforte) porta sulla scena discografica, toscana e italiana tutta, tre sonate per contrabbasso e pianoforte.
All’ascolto di questo interessante lavoro emerge la volontà del Duo di portare in primo piano e, quindi, esaltare le capacità virtuosistiche e solistiche del contrabbasso che, per la sua tessitura, è spesso deputato a fondamento armonico. Vale la pena ricordare che il primo compositore ad affidargli il ruolo solistico è stato Wolfgang Amadeus Mozart nella Serenata notturna K 239, ma bisognerà aspettare l’epoca romantica e il primo ‘900 per una sua vera riscoperta nel repertorio cameristico e in quello orchestrale.
Ed ecco i tre lavori incisi dal Duo Donati-Bruno.
Primo lavoro proposto è la Sonata per contrabbasso e pianoforte del compositore tedesco Paul Hindemith (Hanau Assia 1895 – Francoforte sul Meno 1963), composta nel 1949. Si tratta di un lavoro articolato in tre movimenti – Allegretto, Scherzo e Molto Adagio – dove i due strumenti dialogano in modo perfettamente equilibrato. Il Duo pone in rilievo, fin dall’Allegretto, gli elementi fondamentali della poetica musicale di Hindemith quali il restauro del contrappunto e il saldo formalismo che portano questa trasparente scrittura ai limiti dell’atonalismo, ritrovando nell’esecuzione molti riverberi delle avanguardie tedesche di inizio Novecento e quelle limpide tensioni sonore che, nella pittura ad essa contemporanea, si accostano sia al collage dadaista sia al realismo della pittura espressionista tedesca.
Nello Scherzo le qualità costruttive che si percepiscono all’ascolto ci riportano all’artigianato bachiano e al rigore contrappuntistico, proponendoci un intreccio di timbri, di cellule ritmiche e di registri davvero affascinante. Accostamenti timbrici spregiudicati che dalle sonore profondità del contrabbasso di donati arrivano agli acuti vocalizzi del piano di Bruno, per dar vita ad un lessico musicale inconfondibile, ricco di movimento, di forza e di colore.
L’espressività e l’attenzione per le angosce esistenziali della vita di tutti i giorni escono nel grandissimo Adagio finale (che ha una durata di ben 8’ 15’’, quasi il triplo dei due movimenti iniziali). Un richiamo al realismo e al naturalismo, in linea con la corrente culturale tedesca della Nuova Oggettività. Ai commossi accenti e lirismi portati in primo piano dal contrabbasso rispondono quelli declamati e sentitamente partecipati del pianoforte, talvolta ostinati ma pur sempre fragili e precari. In quest’ultimo tempo gli interpreti sposano il restaurato classicismo di Hindemith, riaffermando quella sua legge inviolabile della natura: la ricerca del centro tonale, del tono fondamentale. Un breve recitativo pianistico costituisce il ponte che traghetta l’Adagio al Lied finale, un episodio dal sapore romantico popolare, seppur decadente, forse eco di un passato remoto più sereno ma perduto durante i lunghi anni del secondo conflitto mondiale.
Al capolavoro hindemithiano segue la Sonata in La minore D 821 dell’austriaco Franz Schubert (Liechtenthal 1797 – Vienna 1828). La Sonata porta il nome di Arpeggione perché fu scritta per uno strumento un po’ speciale, a sei corde, costruito dal liutaio viennese Johann George Staufer nel 1823, conosciuto con vari appellativi: “Arpeggione”, un ibrido tra chitarra e violoncello, “Chitarra d’amore” o “Chitarra ad arco”. Donati ha voluto rendere omaggio a questo lavoro eseguendo con il suo contrabbasso, sfida veramente ardua ma vincente, vista e considerata la resa discografica.
La Sonata, solitamente eseguita sulla viola o sul violoncello, è articolata in due tempi: Allegro moderato e Adagio-Allegretto. Gli elementi che contraddistinguono l’esecuzione del Duo sono la cantabilità e l’agilità virtuosistica che si uniscono in un unico filo musicale, dando senso compiuto all’intera composizione. Nell’Allegro, l’esposizione del tema è affidata al pianoforte solo per poi trovare eco e risonanza nel contrabbasso; lirismo e malinconia, sospiri e singhiozzi portano dalle oscure profondità alla luce; il lungo acuto in pianissimo aprirà al virtuosistico secondo tema nel quale il Duo dialoga serratamente in un terreno reso concitato da impervi salti e estremi passaggi tecnici. Dopo lo sviluppo dei due temi proposti, chiude il movimento la ripresa, con una coda di carattere sognante, nella quale spicca il soliloquio sovracuto del contrabbasso. Un sogno bruscamente interrotto dai due accordi finali in fortissimo. Come per Hindemith, l’Adagio ha carattere liederistico, incentrato su un incontro inter pares, di respiro popolare ma, allo stesso tempo, intimistico. Sugli arpeggi e la tessitura accordale del pianoforte si staglia il limpido e sublime tema del contrabbasso, esaltato dalla cantabilità di Donati e dalla resa essenziale del chiaroscuro schubertiano del tocco di Bruno. All’Adagio si associa l’Allegretto. Il Duo si cala in una perfetta armonia salottiera, con un elegante dialogo ottocentesco che decreta la chiusura dell’intera Sonata e ne afferma il suo carattere cameristico viennese.
Chiude l’album la Sonata n. 2 op. 6 in Mi minore per contrabbasso e pianoforte del compositore e virtuoso contrabbassista boemo Adolf Misěk (1875-1955). Un lavoro interessante per il contrabbasso, composto nel 1911, nel quale emergono, all’ascolto, echi decadenti “alla Brahms” e influenze folcloristiche “alla Dvorak”. Quattro i movimenti di cui si compone: Con fuoco, Andante cantabile, Allegro energico e Allegro appassionato. Il primo movimento deve molto a Brahms, l’apertura drammatica e grave che risuona nella voce del contrabbasso di Donati lascia il posto ad una sezione più cantabile ed espressiva, alla base di tutto il “Fuoco”, quell’elemento primordiale, voce sempre ardente delle passioni umane e di quella brillante vitalità della contemporanea società della Belle Époque. Nell’Andante cantabile il Duo si fonde in una perfetta, romantica ed appassionata armonia. Da un avvio melodico, tranquillo e quasi patetico, un incalzante crescendo ci riporta a quel “fuoco” iniziale a quella passione animata dell’episodio centrale di chiaro riferimento brahmsiano, due cuori palpitanti in una stessa emozione, condivisa e manifesta. L’Allegro energico, che reca la dicitura “Furiant”, è un contributo alla danza folcloristica della terra natale del compositore. Donati e Bruno ne evidenziano la scrittura contrappuntistica, prima incisiva e poi cantabile. L’Allegro finale è un impervio movimento ora frammentario e ironico, ora lirico e appassionato dove si portano in primo piano le abilità tecniche del contrabbassista virtuoso e l’elaborato supporto armonico e tematico del pianista.
Un album prezioso che Donati e Bruno hanno realizzato in questi mesi negli studi dell’Officina della Musica di Gaiole in Chianti quale originale contributo alla letteratura cameristica per questa singolare formazione.
Ricordo, a chiusura di questa breve recensione, che Riccardo Donati è, dal 1995, primo contrabbasso dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e suona sotto la direzione delle più prestigiose bacchette mondiali da Z. Mehta, a R. Muti, S. Ozawa, D. Baremboin, D. Oren, solo per citarne alcuni, nello stesso anno si diploma anche in pianoforte. All’attività orchestrale e solistica, che lo vedono ospite nelle maggiori orchestre italiane ed europee, dal 2005 è membro del quartetto “Klezmerata fiorentina” e suona nelle sale e nei Festival musicali di tutto il mondo, da San Pietroburgo, Mosca, Lugano, Verbier a Los Angeles.
Giuseppe Bruno, attualmente docente e direttore del Conservatorio di La Spezia, ha vinto i più importanti Concorsi pianistici, fra i quali ricordiamo il Concorso Internazionale “Roma 1991”, il Concorso “Viotti” di Vercelli e ha suonato ed effettuato registrazioni radio e tv per la RAI, la Radio Suisse Romande, la Radio della Svizzera Italiana, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, il Festival di Charleston in USA.