Uto Ughi ed I Solisti Veneti entusiasmano il Tetro Verdi di Firenze

Grandi virtuosi al Teatro Verdi giovedì 12 maggio con I Solisti Veneti e l’ospite d’eccellenza Uto Ughi.

I Solisti Veneti, diretti dal fondatore Claudio Scimone, sono l’orchestra da camera più popolare in Italia e all’estero. In cinquant’anni di attività hanno esportato la musica veneziana e veneta in tutto il mondo con 5000 concerti in più di 80 Paesi e nei principali festival internazionali, a cui si aggiunge una vastissima produzione discografica di oltre 350 titoli per le più importanti case a distribuzione mondiale.

Uto Ughi, il più grande violinista dei nostri giorni, ha suonato in tutto il mondo, nei principali Festivals con le più rinomate orchestre sinfoniche tra cui quella del Concertgebouw di Amsterdam, la Boston Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e molte altre, sotto la direzione di maestri quali: Barbirolli, Bychkov, Celibidache, Cluytens, Chung, Ceccato, Colon, Davis, Fruhbeck de Burgos, Gatti, Gergiev, Giulini, Kondrascin, Jansons, Leitner, Lu Jia, Inbal, Maazel, Masur, Mehta, Nagano, Penderecki, Pretre, Rostropovich, Sanderlin, Sargent, Sawallisch, Sinopoli, Slatkin, Spivakov, Temirkanov.

La serata si apre con la Sinfonia in re minore op. 12 n. 4 di Luigi Boccherini, ovvero “La Casa del Diavolo”, di un’estrema cantabilità strumentale, dove l’ultimo tempo di Ciaccona, «qui represente l’Enfer et qui est faite à l’imitation de celle de Mr. Gluck dans “Le Festin de Pierre”», mostra una sensibilità già aperta al futuro romanticismo.

Seguono due pezzi di grande bravura, ovvero le Variazioni in mi bemolle maggiore per clarinetto e orchestra su temi di “Mosè in Egitto” e de “La Donna del Lago”, che mettono in evidenza il solista Lorenzo Guzzoni, abile clarinettista che scambia sguardi emblematici con il direttore Claudio Scimone, ed i Simpatici ricordi della Traviata per oboe e orchestra di Antonino Pasculli, dove emerge il solista Paolo Grazia, oboista dalle sonorità struggenti.

La seconda parte del concerto è tutta dedicata al maestro Uto Ughi, ormai un tutt’uno con il suo violino, sul quale si curva come naturale prosecuzione del corpo. E la magia del virtuosismo tocca punte estreme, prima con le Due Romanze op. 40 in sol maggiore op. 50 in fa maggiore per violino e orchestra di Ludwig Van Beethoven, che indagano tutte le potenzialità espressive dello strumento solista, per proseguire con il Concerto in sol maggiore K 216 di Wolfgang Amadeus Mozart, diviso in un Allegro ora malinconico ora elegantemente umoristico, quasi ironico, l’Adagio «caduto dal cielo» di un’estrema limpidezza ed il bizzarro e arlecchinesco Rondò.

«Et voilà!» il maestro conclude il programma tra applausi scroscianti che lo trascinano letteralmente di nuovo sul palco, per il primo bis ovvero la Fantasía Carmen, Op. 25, di Pablo Sarasate, un’opera sanguigna e delicata al contempo, dove il maestro si ritrova ad educare il dirompente pubblico con un «Scusate, avete mangiato la parte migliore», per concludere con la seguidilla e la danza degli zingari. In un clima ormai familiare ecco infine il secondo ed ultimo bis domandato direttamente al pubblico, che a gran richiesta si fa dedicare la splendida Paganiniana di Alfredo Casella.

Grande calore ed entusiasmo.