Moses Pendleton alchimista di un sogno chiamato Momix

[rating=5] La vena creativa di Moses Pendleton sembra non conoscere fine, almeno da quanto presentato sulla scena dai suoi Momix impegnati in Alchemy, ultimo lavoro del coreografo del Vermont, presentato in prima mondiale a febbraio a Ravenna e giunto in prima regionale per la Toscana al Teatro del Giglio di Lucca.

Quando si spengono le luci di sala, cala il silenzio e con esso gli occhi degli spettatori si spalancano verso il palcoscenico, nell’attesa di vedere quale magia avrà plasmato Moses Pendleton per ingannarli, facendoli cadere come di consueto in quello stupore fanciullesco, dal quale controvoglia si desteranno al termine dello spettacolo.

Ed è così che la magia si compie, in uno spettacolo di autentico magnetismo che per poco più di un’ora trasporta lo spettatore all’interno della fusione di elementi primordiali quali aria, acqua, terra e fuoco, per raggiungere attraverso alchimie di corpi, suoni e luci, nuovi materiali, metalli, ori.
Non solo i materiali si fondono ma anche forza e leggerezza dei ballerini in scena, attraverso illusioni visuali e sonore, luci magistrali, musiche suggestive e coreografie fluttuanti mozzafiato.

Inizia così un viaggio tra colori simbolici dell’alchimia: il nero dove la materia si disgrega, il rosso delle fiamme che la forgiano a nuova vita, il bianco simbolo di purificazione prima di raggiungere la perfezione dell’oro.

Nonostante la carriera ultra trentennale della compagnia statunitense, fondata nel 1980, il coreografo deus ex machina del gruppo fa di nuovo centro. Gli innumerevoli successi che negli anni hanno consacrato a livello planetario la compagnia e il suo modo di fare danza sono unici, malgrado molti gruppi di danza contemporanei si sono miseramente spinti a copiarli ed ogni anno affollano di nullità le stagioni di svariati teatri. Sarebbe più opportuno per loro misurarsi su nuove strade di ricerca, per trovarne una propria, forse.

I danzatori dei Momix invece sono impeccabili e dimostrano grande padronanza con i materiali scenici, come nella danza con i pali, o nelle scene di illusione al buio, con tute fluorescenti impegnati in una corsa sospesa. D’effetto come sempre i meravigliosi costumi duttili che si aprono come fiori e le musiche scelte da Pendleton, tra le quali spicca il noto “Tema di Deborah” di Ennio Morricone, tratto da “C’era una volta in America”, sulle cui note una ballerina cosparsa da gocce di luce fluttua nell’aria creando l’incanto. Lo  stupore prosegue in ogni scena, tra danze sufi, specchi moltiplicatori, e l’innalzamento di un’immensa piramide d’oro dalla quale sbucano i contorni di un uomo placcato (simile al premio Oscar).

Anche se a tratti ravvisiamo momenti scenografici simili a vecchi spettacoli come “Passion” ed “Opus Cactus” (leggi la recensione di “Momix Remix”), la regia e l’ingegno di Pendleton nella creazione di Alchemy è ragguardevole e geniale. Gli elementi naturali alla base dello spettacolo, rappresentano l’energia e il mistero che ci circonda, e Pendleton  invita a rappropriarsi della natura per poter migliorare noi stessi.

Grande successo per il Teatro del Giglio di Lucca, che aggiudicandosi lo spettacolo dei Momix in prima regionale, ha potuto vivere da “primo della classe” tre repliche con un sold out di pubblico straripante ed entusiasta come non si vedeva da tempo.

La magia grazie a Pendleton e ai Momix torna così nel suo luogo di origine: il teatro.

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