Architettura reale o virtuale?

Il rapporto tra la realtà e le sue rappresentazioni virtuali sta provocando un rinnovato interesse per questioni già dibattute, ponendone anche di assolutamente inedite. Le tecniche di modellazione della realtà hanno dato un forte impulso a questo fenomeno, di ulteriori prodigiosi sviluppi in questo campo, ciò nonostante gli interrogativi che esso solleva e le opportunità che ne derivano travalicano ampiamente i confini della tecnologia.

Su queste problematiche possono confluire molteplici contributi disciplinari e si possono verificare ricadute in numerosi settori, da quello filosofico-epistemologico, a quello della comunicazione e della storia dell’arte, fino a quello della cultura materiale.

Per affrontare con successo questa complessa tematica, o almeno per capire correttamente il problema, mi pare sia indispensabile sottoporre a un’analisi critica una teoria che sta riscuotendo, al giorno d’oggi, un grande successo in diversi ambiti del sapere. Mi riferisco alla teoria che prospetta una graduale, e  ineluttabile dematerializzazione della nostra realtà.

Una cosa è certa: non si deve sottovalutare la rilevanza di questo fenomeno, il tema della maggior credibilità attribuita alla finzione, della quale la finzione dematerializzante è solo un caso, è inscindibile da quello attinente al ruolo che stanno assumendo della nostra cultura le tecniche, sempre più sofisticate, della rappresentazione del mondo visibile.

Queste tecniche hanno una storia, esse sono il risultato di un processo di sviluppo che è durato più di cinque secoli, difatti la scoperta della rappresentazione  (e ricostruzione) prospettica dello spazio tridimensionale da parte di matematici, architetti e artisti del Quattrocento doveva portare fatalmente, come di fatto è accaduto, alla produzione di immagini sempre più fedeli al vero.

Con l’avvento della fotografia, della cinematografia e della televisione, e più recentemente della grafica computerizzata, ogni civiltà ha il suo sistema di rappresentazioni e la nostra ha fatto una scelta precisa ovvero produce su scala planetaria immagini destinate a essere vissute, secondo alcuni, come più reali del reale stesso.

Architettura virtuale

Come elemento fondante dell’architettura, l’esistenza reale è stata radicalmente messa in crisi, come in effetti gli stessi concetti architettonici: a tal proposito Le Corbusier fece uscire un proprio periodico, “L’Esprit Noveau”, in cui le riproduzioni fotografiche degli edifici venivano pesantemente ritoccate. Naturalmente l’edificio “reale” è un momento importante nell’attività dell’architetto, ma che non corrisponde necessariamente con il risultato finale.

L’ordine gerarchico che attribuisce uno status privilegiato all’edificio è ormai perduto, rimpiazzato da una complessa interazione tra il concetto di edificio, l’edificio stesso e le sue riproduzioni, in questo modo si giungerà a progettare edifici pensati come imitazioni dello spazio fotografico. Se la cosiddetta architettura virtuale – cioè l’architettura dello spazio virtuale contrapposta a quella dello spazio reale – fosse lo spazio tradotto in realtà, allora sarebbe solo un oggetto possibile, non avrebbe nulla a che fare con la virtualità come l’abbiamo definita prima.

Realmente i computer e gli altri media elettronici posseggono una dimensione tattile, possiamo sentirli entrare in contatto con la nostra pelle: ben lontano ad essere una fredda macchina,  esso è in realtà un parassita che ci si avvinghia addosso, invadente e perverso. I nostri portatili hanno la capacità di farci provare il piacere mai assaporato prima, in cui la nostra realtà quotidiana sia già strutturata come un cyberspazio da cui i nostri corpi traggono ogni sensazione tattile.

Architettura virtuale

Architettura e città non sono altro che una chimera, la nostra storia è l’essere circondati dall’architettura virtuale, rinchiusi nei suoi accoglienti interni, come se fossimo immersi in romanzi cyberpunk in cui il cyberspazio è generalmente la metà di tutto, e l’altra metà è una città periferica senza legge.

Il declino e il decadimento delle città e dell’architettura è legata all’espansione dell’architettura virtuale, portando i cyber architetti ad un formalismo ingenuo nel tentativo di avvolgere l’architettura virtuale nei drappi della realtà,  la realtà intorno a noi ha iniziato a sfaldarsi. La realtà che viviamo ha portato gli architetti e l’architettura a non riuscire più a dare delle risposte, ad essere costretti a vivere nel tardo XX secolo attraverso incontri fisici, sensuali ed erotici con il computer.

È attraverso questo genere di violenza che l’architettura virtuale può divenire un “oggetto virtuale” e assumere il potere di mutare il pensiero architettonico di quest’epoca. Ma noi diciamo «identità dei luoghi e memoria collettiva» sine qua non.

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