Lo scontro tra natura e civilizzazione genera un idiota contemporaneo

Al Contemporanea Festival uno spettacolo attuale sulla ricerca estrema di popolarità

Fare critica teatrale è una delle attività della scrittura più complesse e delicate. Il caposaldo è una cognizione approfondita e pratica delle arti sceniche, di tutto ciò che sta dietro uno spettacolo teatrale. Perché se vale il principio che un buon regista deve avere alle spalle una carriera, se pur minima di attore, per meglio spiegare al suo cast i movimenti, le sensazioni, i ritmi scenici che vuol imprimere nel suo lavoro, è altrettanto vero che un buon critico dovrebbe avere nel suo bagaglio, oltre a una spiccata cultura teatrale, un passato sulla scena, come attore o tecnico, per interpretare tutte le difficoltà del mettere in scena un prodotto e cogliere appieno tutte le sfumature di una performance. Di seguito a questo baluardo che non tutti i critici portano come dote, vi è l’approfondimento, domandarsi il perché. Dare giudizi affrettati su una performance è il piatto forte di noi critici teatrali. Sapere chi è in scena non basta, è necessario documentarsi, leggere schede, approfondimenti e biografie, prima di prendere la penna in mano, o il fucile in spalla e sparar giudizi. Dopo un’attenta osservazione del progetto scenico proposto, miscelando le suddette competenze teoriche e pratiche, sarà possibile esprimere una sola, soggettiva e fondata critica, senza cadere nelle nostre elucubrazioni mentali e avvolgersi in vertiginosi parallelismi pindarici che tanto beatificano il nostro ego di scrittori.

Per evitare tutto ciò Massimo Furlan a metà del suo “You can speak, you are an animal” visto al Metastasio di Prato all’interno di Contemporanea Festival 2012, entra in scena come una farsesca rockstar e spiega il significato dello spettacolo.
Quello che avevamo visto nella mezz’ora precedente, suddiviso in quadri, altro non era secondo l’autore che la rappresentazione di due universi, quello selvaggio e quello culturale, nel mezzo dei quali vive l’idiota, un uomo che ha come unico scopo di vita, diventare popolare e avere successo in tv.  Tra un orso animale, un uomo selvaggio e un orsacchiottone di peluche, il vero animale è l’idiota, l’uomo creato dalla televisione spazzatura degli ultimi venti anni, che per  raggiungere il successo, nella sua maschera immobile di marionetta, uccide chiunque gli si ponga d’intralcio, restando impassibile, con il suo falso sorriso scolpito sulla faccia.

Uno spettacolo forte, come la musica  del post-punk inglese dei Killin Joke  che accompagna scene corali di robusto impatto visivo, evidenziate da ottimi effetti scenici. Magnifici i freeze e i movimenti delle cinque donne nere che evocano un sabba di streghe a ritmo di musica, come la partita a scarabeo tra l’orso e la figura femminile. Furlan porta in scena i paradossi e i labili confini tra natura e civilizzazione, con una regia graffiante, amalgamando sarcasmo e derisione. Un mondo alla deriva, dove gli animali hanno perso la loro forza selvatica e l’uomo è marionetta infernale guidata da invisibili fili verso la gloria della popolarità.

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