Gli effetti atavici della performance

Prosegue Contemporanea Festival 2012 con il minimalismo de “L’effet de Serge”

Contemporanea Festival 2012 all’interno del suo intenso e variegato programma, ha proposto una vera chicca del teatro d’oltralpe: L’effet de Serge di Philippe Quesne, andata in scena il 27 settembre al Fabbricone di Prato.

La performance nella performance. Spettatori di fronte a spettatori. Emozione, dubbio, incomprensione. Foglie ataviche cadono dall’albero della ragione e si rinnova la ricerca di capire. Così il teatro e la vita si assomigliano. Due performance uniche. Piene di misteriosi effetti speciali.

Quando la performance diviene l’unico mezzo di comunicazione con il mondo esterno e non una semplice esibizione del proprio io. Questo avviene a Serge, un personaggio solitario, che sembra avere solo nella domenica pomeriggio alle 18.00, il suo unico momento di contatto con il mondo reale. Ogni domenica Serge raggruppa un piccolo numero di conoscenti, e per loro realizza uno spettacolo che va da uno a tre minuti di tempo. Le esibizioni sono caratterizzate da semplici effetti, speciali si intende, che Serge realizza estemporaneamente per il suo pubblico. Il tempo e le domeniche passano con nuovi numeri in cartellone: “Questa sera, effetto girante su musica di Haendel”, “Questa sera effetto luminoso su musica di Wagner”, “Effetto laser su musica di John Cage”, “Effetto pirotecnico su musica di Cesnak”. Gli effetti altro non sono che oggetti meccanici, giocattoli e stramberie che Serge utilizza con meraviglia per i suoi show: una scatola radiocomandata che si muove intorno a una sedia, i fari e le quattro frecce di un’auto parcheggiata in giardino che vanno al ritmo della cavalcata delle Valchirie, un effetto laser proiettato su un muro e dei piccoli fuochi pirotecnici accesi con movimenti a rallentatore.

Nonostante la banalità dei numeri che Serge propone al suo “pubblico”, essi forniscono comunque uno spunto di riflessione più o meno forzato. “Bello!”, “Intenso, affascinante”, “Bravo!”, sono gli scialbi commenti di circostanza che gli spettatori attoniti esprimono per rompere l’imbarazzante silenzio che si crea alla fine di ogni effetto.
Il suo “pubblico” è specchio del pubblico reale, in continua ricerca di comprendere ciò che ha visto formulando un giudizio, il più delle volte mediocre, pronto a far nascere in lui nuove sensibilità.

La regia di Philippe Quesne indaga la performance, come punto di contatto tra attore e spettatore. Uno spettacolo essenziale, sussurrato, minimalista nei movimenti e nelle interazioni, che creano un clima surreale dai mezzitoni da humour british. Tutti gli attori in scena, compresi quelli presi in loco, si muovono con neutralità, mantenendo il fil rouge generato da Gaëtan Vourc’h, ottimo nell’interpretazione dello stralunato e solitario Serge.
Scroscianti applausi hanno rilevato l’alto gradimento del pubblico in sala.

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