
Un’inaugurazione d’eccellenza quella di ieri sera per il Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, dopo l’apertura delle prove generali del giorno prima agli addetti ai lavori e parenti, mentre la mattina rivolta alle scuole, ovvero a quelle nuove generazioni che sempre più occorre educare alla cultura. «Stamattina la sala era piena di bambini» afferma la Sovrintendente Francesca Colombo «Uno di loro mi ha detto: -Bello! Ma ora ci sarà quello sordo vero?– Ma no! Zubin Mehta non è sordo! Lo era il compositore, Beethoven.- Ah, va bene. Comunque ora vado, devo prepararmi ad ascoltare la musica con il cuore, come dice la mia maestra-. Ed ecco il mio augurio: che possiate ascoltare la musica con il cuore».
«È un momento di grande gioia e soddisfazione», sottolinea il Sindaco di Firenze Matteo Renzi introducendo la serata, dedicando applausi al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, agli architetti Fabbri, Desideri e collaboratori, all’ingegnere Emiliano Cerasi, a Gianni Letta, agli Enti Locali e al Presidente della Regione nonché alla Sovrintendente Francesca Colombo. «La cultura può essere lo strumento per essere veri cittadini e non solo consumatori», auspica infine.
«Tutti i fiorentini sono i benvenuti», continua Zubin Mehta, cittadino onorario di Firenze che più di tutti ha desiderato la realizzazione del Teatro, «Grazie a Dio siamo arrivati a questo punto. Grazie». Ed è lo stesso Zubin a tagliare il nastro inaugurale con la fascia tricolore del Sindaco.
Una festa in grande stile, con ospiti d’onore quali la madrina Sophia Loren, Carla Fracci, Virna Lisi, Vittorio Sgarbi, Fabrizio Palenzona, Giorgio Gori, Cristina Parodi, Massimiliano Fuksas, Giuliano Ferrara, Corrado Augias.
Indiscussa protagonista della notte è stata però lei, la grande musica, in un inno di suprema gioia e buon auspicio.
La serata si è aperta con l’Inno di Mameli in un caloroso abbraccio canoro tra l’orchestra, il coro e l’intera sala con i suoi 1800 spettatori, per proseguire con la commovente Ouverture in do maggiore di Leonore di Ludwig van Beethoven, un’elaborazione compositiva di ricchezza estrema, quasi poema sinfonico ante litteram, carica dei valori morali del Singspiel a cui si ispira, ovvero Fidelio, unica opera teatrale con cui si confrontò il grande artista. Costruita su due temi emblematici dell’opera, snodo drammatico delle vicende, da una parte presenta l’enfasi eroica dei protagonisti, dall’altra l’incombenza oppressiva del perfido Pizarro. Ma l’epilogo annuncia la luce e la liberazione.
Un’apertura estremamente fidente e ottimistica, portatrice di quei valori morali universalmente riconosciuti.
Il concerto si è poi rivolto alle nuove ventate autoctone della scena musicale, necessarie oserei dire all’interno di una struttura tra le più all’avanguardia d’Europa, che mostra una risposta acustica di estrema trasparenza, ponendo in risalto ogni singola voce strumentale ed andando così ad arricchire enormemente la visione d’insieme.
Ecco allora la prima esecuzione assoluta di Gegenliebe per orchestra di Sylvano Bussotti, commissionatagli appositamente dal Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Bussotti, nato e formatosi musicalmente a Firenze, estremamente legato alla cultura fiorentina, regala alla sua città un lavoro breve e recentissimo, estroso ed irriverente, fatto di atmosfere surreali e dissonanti dialoghi tra legni e archi, uniti a melodici richiami alla Nona Sinfonia beethoveniana, come il Minuetto del Settimino op.20, destinato “con la sua antica grazia”, secondo le parole in epigrafe alla partitura dello stesso compositore, a portare “verso il gesto” il nuovo teatro di Firenze. Calorosi gli applausi per il da poco ottantenne Bussotti presente in sala.
Dopo una breve pausa all’insegna del tricolore italiano, presente in fiori e pareti lignee, la seconda parte del concerto ha consacrato ufficialmente il nuovo teatro fiorentino alla musica e all’arte con la magistrale esecuzione della Nona Sinfonia in re minore op. 125 per soli, coro e orchestra di Ludwig van Beethoven. Vero capolavoro assoluto, la sinfonia fa parte delle ultime composizioni del musicista protese verso nuove forme espressive: il risultato è un vero capovolgimento della forma, tesa verso l’ultimo conclusivo movimento Finale. Ecco allora che il primo movimento “Allegro ma non troppo” è la rappresentazione della vita stessa, dove sembrano prender vita le forze stesse della natura e l’elemento umano viene semplificato nella pura essenza dei suoni. Segue non l’Adagio ma lo Scherzo, con sonorità ora misteriose ora selvagge. L’ormai ben famoso Adagio si svolge su due temi pacati e lirici; lo accompagna un Presto di una violenza e drammaticità unica che sfocia nell’”Allegro assai”, dove il recitativo del basso, anticipato da violoncelli e contrabbasso, esordisce: «O Freunde, nicht diese Töne! Sondern lasst uns angenehmere anstimmen, Und freundenvollere!». Con un tripudio di masse corali e orchestrali intorno alle splendide e nobili parole di Schiller, la titanica opera beethoveniana conclude dopo il grande fugato, con un travolgente inno grandioso di gioia e fiducia nell’uomo.
Bravi gli esecutori Albert Dohmen, Michael Schade e Stella Grigorian, forse un po’ troppo intraprendente Iréne Theorin, poco portata all’ascolto dell’insieme.
Ottima prestazione per l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino sotto la portentosa direzione del Maestro Mehta; bella prova anche per Coro nell’esecuzione dell’ultimo tempo della Nona.
Scroscio ripetuto di meritati applausi.