Gli Hespèrion XXI evocano l’arcaico Spirito d’Armenia

Jordi Savall dirige l’ensemble e la sua incredibile espressività incantando il Saloncino della Pergola di Firenze

[rating=5] Sold out al Saloncino della Pergola per gli Amici della Musica di Firenze con l’ammaliante concerto di Jordi Savall e gli Hespèrion XXI alla ricerca dello “Spritio d’Armenia”.

Un viaggio evocativo in terre antiche, gravide di storia e dolore, che riportano alla luce memorie arcaiche per una civiltà senza tempo: «Senza emozione non c’è Memoria, senza memoria non c’è Giustizia, senza giustizia non c’è Civiltà e senza civiltà l’essere umano non ha futuro» come sottolinea Jordi Savall.

Valori universali e sentimenti rasserenanti ipnotizzano nel timbro dolce e quasi vocale del duduk, strumento ad ancia doppia tipico della cultura armena: il suono profondo di questo strumento accompagna quasi tutte le celebrazioni armene, riflettendo tutte le intonazioni dei dialetti tradizionali armeni nelle speciali tecniche proprie dei due grandi maestri Georgi Minassyan e Haïg Sarikouyoumdjian. Le loro improvvisazioni lasciano il teatro sotto incanto, sfiorano immagini secolari, trasportano il pubblico affascinato in terre lontane, cullandolo con morbide melodie che parlano di amori, guerre, gioie e dolori, nella loro “espressività estrema dalla dolcezza alla sofferenza”.

E la memoria viva dell’oriente cristiano più antico prende lentamente corpo, tra balli nuziali, canti d’amore di Sayat Nova, dialogi amorosi Al aylukhs e la sofferenza di Hov arek in quella perenne danza di yin e yang dove  “Sofferenza e gioia, sospiri e amore insieme” nella “nera terra – sole dell’animo del mistero”. Patria e amata si confondo nel canto del Bardo Djivani, mentre il coinvolgente e ritmato Al aylukhsIl mio foulard rosso termina in uno scroscio di applausi.

La voce “non antica ma originale” di Aram Mouvsisyan, accompagnata da un tamburello, ruba spesso la scena al duduk per una tradizione nazionale di grande intensità. Protagonista imprescindibilmente tipico anche la kamancha di Gaguik Mouradian, strumento a corde dell’ Azerbaijan suonato con l’archetto, dal timbro caldo e profondo.

Spirito_dArmenia_Foto_Pouyfourcat

Canti popolari  (Alagyeaz e Khnki tsar) intervallano odi per la patria (Hayastan yerkir), tra lamenti e combattimenti, fino al gioioso bis della Canzone del giardino.

Voci umane e strumentali si intrecciano in giochi tonali affascinanti, accompagnati dalle percussioni di Pedro Estevan, la viola da arco di Viva Biancaluna Biffi, l’organo di Dani Espasa, diretti dalla mano esperta di Jordi Savall alla ribeca, viella e viola d’arco.

Un ensemble impeccabile, a cui va il merito e pregio di aver ridato corpo allo stile e carattere di questa musica antica e catalizzante grazie a un’incredibile espressività che ha decisamente fatto tremare gli animi.

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