
[rating=4] Una bobina gira in un vecchio registratore, un Geloso degli anni ’70, dal quale una voce infantile fluisce in sala. Non siamo nella tana di Krapp, ma in quella del Funaro di Pistoia, durante l’attesa della prima assoluta di Roberta cade in trappola di Cuocolo/Bosetti. Un tavolo di legno, un leggio con un diario, un microfono, una videocamera accesa, questo il resto dell’apparecchiatura scenica che richiama lo scorso M, M & M che sempre qui al Funaro prese forma. Una fortunata collaborazione, quella tra Renato Cuocolo e Roberta Bosetti e il centro culturale pistoiese, che ritualmente ci invita a varcarne la soglia e a riassaporare volti e abbracci conviviali.
Di colpo la registrazione s’interrompe, il nastro si riavvolge, e il ritmo energico della Sabre Dance di Khachaturian fa il suo ingresso, Renato accenna degli ironici passi di danza, si sistema dietro al suo totem, la macchina da presa, mentre Roberta apre lo spettacolo con un “numero di magia”. La musica che accompagna il numero della donna segata in due (raccontato) è un richiamo al film di Woody Allen Scoop, ultimo collegamento con il mondo del cinema attraversato vertiginosamente in M, M & M che come in un continuum cerebrale dà il la al nuovo lavoro.
La voce registrata della bambina è quella di Roberta, che spalanca così la porta dei ricordi sovrapposti. Un diario personale dal quale fuoriescono uno strizzacervelli, amici e conoscenti lontanamente vicini dai corpi iperrealisti di Duane Hanson, sormontati dal macigno della depressione dovuta alla perdita della madre. Un’indagine su ciò che resta con il passare del tempo delle relazioni tra individui, tra collegamenti, ricordi e separazioni.
L’impianto di Roberta cade in trappola attinge come sempre dall’autobiografico sovrapponendo vita reale e teatro, quello che ha Roberta nella testa, e che insieme a Renato, riesce ogni volta a far defluire in un flusso di pensieri collegati tra loro da una serie di gradi di separazione, che stavolta conducono a ritroso verso il grembo materno.
Roberta Bosetti colora la sua genuina interpretazione di nuove velate sfumature, calde come la sua voce, tenui come il ricordo, salate come le lacrime e innocenti come un sorriso perso tra i nastri del pianeta G570.
Un monologo delicato, intimo e allo stesso tempo ancor più congegnato dei precedenti, naviga nell’apparente calma delle relazioni, e svela con un sottile registro umoristico come l’assenza e il ricordo colleghi gli individui ben più dell’esistenza quotidiana. Roberta cade in trappola e con lei il pubblico in sala.