Inferno Novecento. Un’occasione mancata

[rating=3] Un pipistrello che svolazzava per caso, ha all’improvviso animato l’atmosfera immobile evocata da Sandro Lombardi, Federico Tiezzi e David Riondino che, con Inferno Novecento – spettacolo, lettura, lettura su musica -, hanno inaugurato la rassegna Il Bargello d’estate.
Il Bargello cattura. Ex carcere, ex palazzo di giustizia, rocca del potere, chi non ci fosse ancora stato dovrebbe visitare questo luogo sospeso, tracciato da una geometria pulita e rigida, che contraddice se stessa con scalinate imponenti e statue impetuose, inquiete, vogliose di scappare.
Se la voce antica del luogo si confonde con la frenesia esterna di una piccola metropoli internazionale, così l’Inferno di Dante Alighieri diventa un calco, uno stampo riempito da nuovo materiale vivo, nuovi simboli, immagini, icone dei nostri tempi.

Idea, questa, meravigliosa e ambiziosa, la cui drammaturgia è stata creata da Fabrizio Sinisi, e la cui realizzazione concreta è stata opera degli attori Lombardi e Riondino, accompagnati da alcuni allievi del Conservatorio Cherubini di Firenze.
Lo spettacolo smentisce però la brillante intenzione alla sorgente del fiume (calmo, piatto, troppo calmo). Un foglio del leggìo, mosso nervosamente dal vento, è stato uno dei pochi elementi attivi della scena, interamente affidata alla declamazione di un enfatico Lombardi e di un pensieroso Riondino, quest’ultimo tuttavia pronto a imprimere scenari palpabili, grazie ad un’espressività innata nella sua voce ariosa.

Le tappe del viaggio nei gironi dell’Inferno, vengono lette da entrambi gli attori e interpretate anche su musica da Riondino, personalmente alla chitarra per offrire una versione in stile “cantautorale” dei versi danteschi. Le parole, in questa rivisitazione, sgusciano così dal loro habitat, per divenire mobili e morbide, esaltate nella loro naturale melodiosità – spenta invece da una recitazione opaca -. La storia di Ulisse si rivela uno dei canti più attraenti, dove pare di udire l’acqua delle onde, il mormorio eterno del mare; dove la tragedia pulsa come un affare privato, intimo, devastante.

Se Dante, nella Divina Commedia, incontra i personaggi più famosi e controversi della sua epoca, Fabrizio Sinisi immagina un Inferno abitato dai grandi “peccatori” del nostro Novecento: Lady Diana e Al Fayed (amanti spezzati che risuonano come moderni Paolo e Francesca), Marylin Monroe, Andy Warhol, Lou Reed, Marlon Brando, la pecora Dolly morta due volte, Andreotti, Saddam Hussein, Pier Paolo Pasolini. Anche le ormai celebri parole di Oriana Fallaci, che descrive l’11 Settembre, si mimetizzano bene nella bolgia dei gironi infernali, insieme ai racconti di altri reportage di famosi giornalisti.
Finché uscimmo a riveder le stelle.

Interamente vestiti di nero, Riondino e Lombardi sono simili nelle movenze a due seri direttori d’orchestra, mentre alle loro spalle i giovani musicisti fanno sentire la loro voce con accenni di brani rinascimentali, pop (ad esempio Sunday Morning dei Velvet Underground), e avanguardia jazz.
La prosa diviene, in Inferno Novecento, un tutt’uno con la metrica di Dante; il medioevo si scioglie nel presente; la musica sacra si confonde con quella popolare. Un breve soffio di vitalità è stato talvolta percepito dallo spettatore, anche grazie all’incipit, in cui Riondino immagina di approdare a un Inferno dove pasteggiano Fellini, Giulietta Masina e Marlon Brando.
Ma, come il cambio di luci è stato meccanico, quasi didascalico – quando macchiava il cortile del Bargello con colori sanguinosi -, meccanica è stata anche l’intenzione recitativa dei suoi interpreti.
Peccato
(non mortale).

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