Un rarissimo “Serse” di Händel a Milano

[rating=5] Un allestimento inedito quello che la neonata “société d’opéra Coin du Roi” ha messo in scena al Teatro di Litta di Milano per debuttare in pubblico e inaugurare la stagione 2015 con il “Serse” di Georg Friedrich Händel. Uno spettacolo delizioso, reso ancora più interessante per la rarità della sua esecuzione, soprattutto integrale e in forma scenica.

La società Coin du Roi ha in serbo per quest’anno altri due gioielli della musica settecentesca, il “Re pastore” di Mozart e gli intermezzi buffi di Pergolesi “La serva padrona” e “Livietta e Tracollo” in programma per l’autunno sempre al Teatro Litta. Il debutto con il “Serse” di Händel, del 1738, è stato sotto ogni il profilo un sicuro successo.

Il libretto che ha ispirato gli spartiti del compositore anglotedesco è di autore anonimo, ma il soggetto è tratto da lavori precedenti di Silvio Stampiglia e Nicolò Minato.

La trama del “Serse”, ricavata liberamente da alcuni aneddoti delle “Storie” di Erodoto, ruota attorno ad un doppio intreccio amoroso, con al centro la bella Romilda. Di lei sono innamorati tanto Serse quanto il fratello di lui Arsamene, ma solo quest’ultimo è ricambiato. Ad amare Serse è invece Amastre, sua promessa sposa, che agisce in incognito fino all’ultimo, e, per complicare ulteriormente le vicende, la sorella di Romilda, Atalanta, è innamorata di Arsamene. Nessun personaggio se ne resta con le mani in mano e il susseguirsi di malintesi, minacce, equivoci e illusioni non da tregua. Ad arricchire la trama il padre di Romilda e Atalanta, il generale Ariodate, e il servo di Arsamene, Elviro, che contribuiscono a generare garbugli.

Serse

La vicenda, com’è giusto che sia, si conclude esattamente come è iniziata: Romilda e Arsamene si sposano, Serse si ricongiunge con Amastre e ad Atalanta non resta che confidare in migliori approdi. Una sorta di “Nozze di Figaro” ante litteram.

La scarsità di spazi del Teatro Litta ha imposto una realizzazione semplice e modesta. La regia di Valentino Klose prende spunto dai festeggiamenti per i 2500 anni dell’Impero Persiano del 1971 e vi ambienta le vicende con pochi fronzoli: una scena fissa scomponibile che riprende in bidimensionalità le architetture persiane e qualche oggetto d’epoca. I costumi di Alessandra Boffelli Serbolisca richiamano suggestivamente gli anni ’70 della Persia degli Scià.

La geniale intuizione è vincente e attualizza le vicende in maniera del tutto compatibile con la trama. Forse un po’ debole la scenografia sgombra del secondo atto, che impone peraltro dei cambi a sipario chiuso, con un baldacchino da campo e un drappo di guerra fin troppo semplici, e curiosa nel terzo atto la scelta di svelare l’identità di Amastre prima del dovuto. In generale però, è davvero sensazionale la qualità di un allestimento così ben congeniato in un teatro limitato come il Litta.

La qualità degli artisti è stata notevole. L’orchestra Coin du Roi, composta di elementi davvero molto giovani, ha eseguito le parti con impeccabile tecnica e la direzione del maestro Christian Frattima ha impresso al suono una profonda espressività. La concertazione delle partiture handeliane operata da Frattima è senza dubbio filologica, ma altrettanto certamente moderna per l’intensità e il vigore espressi.

La ristrettezza della sala del Litta, teatro di corte del 1700 interno all’omonimo palazzo, ha suggerito una disposizione diffusa degli elementi: archi e legni in buca, i bassi (violoncelli, chitarroni e clavicembalo) in due gruppi ai lati del palco e ottoni e coro nella balconata che sovrasta la sala dal fondo. L’effetto avvolgente e coinvolgente ha catturato il pubblico, che si è così ritrovato al centro fisico dello spettacolo.

Molto bravi, precisi e puntuali i cantanti del coro Ars Cantica che si sono esibiti nelle poche parti previste sotto la direzione del maestro Marco Berrini.

Eccezionali le voci dei protagonisti. Interpretazione seria per i caratteri principali, Serse, Romilda, Arsamene, Amastre e Ariodate. Decisamente buffi Atalanta ed Elviro. In effetti, l’opera di Händel si presta a differenti punti di vista e la commistione di serio e faceto è elemento significativo e fondante del “Serse”, che prende sì le mosse dal tema etico e amoroso, ma che cede spesso e volentieri nel farsesco, con gusto alquanto vivace e umoristico.

Serse

Voce potente e ottima, con una capacità di coloratura eccezionale, quella della mezzosoprano Vilija Mikštaitė, en travesti nel ruolo di Serse. Espressiva, anche se migliorabile nella recitazione, con qualche sbavatura nella dizione: una prestazione ad ogni modo magnifica. Virtuoso e preciso il controtenore Jud Perry, falsettista dalla straordinaria tecnica. Espressivo, potente, sempre intonato e chiaro, minuzioso anche nella dizione. Ha fornito prova di un grande potenziale. Magnificamente distinta la bella soprano Viktorija Bakan, un po’ rigida e impettita sulla scena, ma con una voce squillante e limpida, con un’ampia tessitura e un timbro chiarissimo. Ottime voci anche quelle di Amastre, la contralto Alessandra Visentin, e Atalanta, Arianna Stornello. Brave e precise, tecnica impeccabile ma una recitazione forse un poco eccessiva. Molto bene il basso Stefano Cianci, nel ruolo di Ariodate. Le poche battute a lui riservate sono state sufficienti per evidenziarne le grandi qualità vocali. Nel ruolo di Elviro si è impegnato il basso Claudio Ottino, un buffo talentuoso e di spiccata verve teatrale. Ottimo sotto tutti gli aspetti.

Coin du Roi ha costruito uno spettacolo con un cast di talenti in erba di diverse nazionalità e provenienze, vincendo una scommessa affatto semplice, che ci testimonia di quanta qualità, ora inespressa e adombrata, possa fornire il mondo musicale italiano ed europeo con gli stimoli adeguati e le giuste occasioni.

Una produzione pregiata e di spessore non solo dal punto di vista artistico, coronata da un’organizzazione ragguardevole. Disponibile per gli spettatori un programma di sala corposo, preciso ed esauriente, oltre che elegante, e durante il secondo intervallo è stato gentilmente offerto un buffet leggero e raffinato, in perfetto stile mondano. L’esibizione è stata ripresa dalle telecamere per il canale Classica TV, a testimoniare la straordinarietà dell’evento.

Confidiamo e auspichiamo nel successo di questa impresa operistica, il cui intento di riportare in scena i capolavori del barocco è sottolineato dal nome Coin du Roi, lo stesso della fazione artistica che tra il sei e settecento si oppose al Coin de la Reine nella “Querelle des bouffons” circa la preminenza tra opera buffa e opera seria. Un nome che non è però fortunatamente rispettato alla lettera, e infatti il programma che Coin du Roi ha previsto in cartellone per quest’anno è vario e abbraccia entrambi i generi musicali preromantici. Arrivederci allora al “Re pastore” di Mozart, dal 17 ottobre al Teatro Litta di Milano.

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