A tu per tu con Marco Palvetti

Se è vero che la bravura di un attore si misura sulla base della distanza che intercorre tra lui ed i personaggi che interpreta, allora Marco Palvetti, noto ormai in ogni parte del globo come Salvatore Conte di Gomorra, è indiscutibilmente un fuoriclasse. Lo abbiamo intervistato mentre sono in corso le riprese della seconda stagione della serie dei record, della quale sarà nuovamente uno dei protagonisti.

Marco, milioni di persone oggi la riconoscono grazie al ruolo di Salvatore Conte, un boss senza scrupoli, l’eterno rivale della famiglia Savastano. Del suo personaggio sappiamo molto, di lei un po’ meno, com’è giusto che sia. Ma c’è qualcosa che il pubblico non conosce e che vorrebbe sapesse di lei?

Non saprei. In generale non mi pongo questo problema. Tutto quello che voglio si sappia di me, lo si trova nella mia qualità di approccio al lavoro. La mia vita privata vorrei continuare a poterla definire tale”.

Sul suo sito internet si legge: “Marco Palvetti ama il suo lavoro”. Quando è nato questo amore per la recitazione e quando ha capito di avere quel talento necessario per diventare un attore professionista?

“E’ stato un processo lento, ma fin da piccolo dentro di me vibrava qualcosa che mi portava inconsciamente nella direzione che tutt’ora ho. Di volta in volta ho alzato la posta (anche in relazione a quanto accadeva nella mia vita), ed eccoci qua. Ho intenzione di alzarla ancora, comunque…!”

Marco Palvetti

Il suo percorso artistico è dei più tradizionali: raggiunta la maggiore età ha lasciato la provincia napoletana per studiare recitazione a Roma, all’Accademia Silvio D’Amico, dove si è diplomato. Qual è stato il maestro più prezioso e l’insegnamento più utile?

“In generale tutto quello che hai intorno. Se sei aperto e in ascolto, tutto è prezioso. In particolare, ogni incontro fatto in Accademia è stato importante: spesso per condividere uno spazio e delle idee con maestri veri, ma qualche volta (per quanto mi riguarda poche) anche per conoscere ed incrociare degli incapaci. Detto ciò, l’Accademia Silvio D’Amico rimane per me la scuola che consiglierei ad un ragazzo che volesse intraprendere questo percorso”.

Con Gomorra la dizione perfetta acquisita con lo studio l’ha dovuta dimenticare a favore del dialetto. Ma il lavoro da fare per interpretare Conte è stato molto più profondo: dalla voce al look fino all’abilità nell’impugnare un’arma ed agli scogli emotivi da affrontare, come ci si prepara a vestire i panni di uno spietato criminale?

“L’istinto ti porta a fare delle scelte, la coscienza attoriale ti indica la direzione da portare fino in fondo, le armi emotive da impugnare. Ripeto: se sei in ascolto, il mondo, gli altri, te stesso ti danno le chiavi per aprire i mondi più diversi. Uno spietato criminale è troppo generico. Per quel preciso personaggio ho fatto delle scelte che lo rendono quello che è. Insomma, se lasci respirare il personaggio, ad un certo punto lui vive”.

Nonostante sia giovanissimo ha già lavorato con tanti grandi registi, dal maestro Luca Ronconi a Stefano Sollima, considerato il re delle serie televisive. In futuro da chi le piacerebbe essere diretto?

“Garrone, Scorsese, McQueen, Burton. E magari incontrare giovani registi che abbiano voglia di fare la storia”.

Immagini di essere chiamato per il remake di un film o per la ripresa in teatro di uno spettacolo cult: quali sono questi titoli e in quali ruoli si vedrebbe?

“Sono troppo affamato e, appunto, amo troppo il mio lavoro per dire che non mi piacerebbe affrontare qualsiasi ruolo; mi piace essere sorpreso. Anche se Edward mani di forbice….”

Il successo di Gomorra è dovuto anche al fatto che è una serie destinata alla tv ma sembra essere fatta per il grande schermo. C’è qualche altro prodotto televisivo che ritiene ben costruito, in cui le piacerebbe lavorare o che semplicemente le piace guardare sul divano?

“Se parliamo di serialità, True Detective e Breaking Bad sono due prodotti eccezionali! Gomorra- La Serie è la prova che anche qui in Italia è possibile produrre qualcosa di importante che possa confrontarsi con il mercato estero. Ora bisogna dare continuità, e stare attenti poiché la mediocrità è dietro l’angolo”.

Marco Palvetti

Dal 2013 è socio fondatore della compagnia teatrale under 35 Bluteatro. Ce ne parla?

“La Bluteatro è una compagnia fondata da me, da altri attori e un regista diplomati in accademia nello stesso anno e da professionisti che si occupano di scenografia e costumi. Tutti under 35. E’ una possibilità. Idee e talento ci sono. Vedremo come si evolverà il tutto”.

I fondi destinati alla cultura, teatro compreso, in Italia scarseggiano. Ai giovani che vogliono vivere calcando il palcoscenico cosa consiglia?

“Di nutrire quel fuoco che arde dentro, la linfa di questa esigenza “diabolica” che riguarda la voglia di vivere la vita degli altri e che è estremamente personale e intima. La propria vita nutre questa esigenza; questa esigenza ricambia con tante sorprese, permette di fare tante scoperte. E’ una scelta di vita. Non bisogna dimenticarlo. Mai. Così come non bisogna mai smettere di studiare. Solo in questo modo si argina la mediocrità e il qualunquismo”.

Quando non lavora cosa le piace fare?

“Leggo, sto con la famiglia, gli amici e… valuto altri lavori!”

Che cosa ci può anticipare dell’attesa seconda stagione di Gomorra?

“Nulla. Mi spiego. Non dico nulla perché l’idea è che il pubblico possa godersi il prodotto e l’evoluzione dello stesso”.

Dopo l’estate la rivedremo anche a teatro?

“Sto valutando diversi progetti. Vediamo…Di sicuro cercherò sempre di assicurarvi la qualità”.

 

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