
[rating=5] Tratto dalla omonima fiaba a di Charles Perrault, ispiratrice anche dei fratelli Grimm, “La bella addormentata nel bosco” di Piotr Illic Ciajkovskij è senza dubbio tra i balletti più straordinari.
Sentimentale, romantico, tragico, grandioso, festoso. Nella Bella addormentata si susseguono vicende assai diverse tra loro, con grande stupore di pubblico. Una musica lineare, di pochi e deliziosi motivi ricorrenti, in cui si alternano marce, passi d’insieme, divertissement, passi a due, a tre, a quattro e d’assolo, nonché alle danze di fila. Il film d’animazione Disney ne ha raccolti alcuni stralci per la colonna sonora, non senza polemiche.
A coreografare la partitura del compositore russo fu il grande Marius Petipa, nel pieno folgore della sua carriera. Il balletto del 1889 è frutto di una collaborazione profonda tra compositore e coreografo, in cui i due, Ciajikovskij e Petipa, si ritrovano uniti in una elaborazione stilistica elegante e raffinata, contro gli standard raffazzonati del tempo, agli albori della grande stagione della danza pietroburghese.
L’allestimento in scena al Teatro alla Scala è una coproduzione con l’American Ballet Theatre, secondo la ricostruzione coreografica e scenica di Alexei Ratmanski.
Ratmanski ha voluto ricostruire i passi originali, facendoci dimenticare la sontuosità e le esibizioni del Nureyev, basandosi sui manoscritti delle trascrizioni coreografiche della ripresa londinese del 1921. L’effetto è quello di un radicale ritorno all’epoca fastosa dei Balletti russi di Diaghilev, seppur con qualche aggiustamento d’attualità (nelle scarpette dei ballerini e negli adattamenti dei numeri musicali). Una ricostruzione insieme filologica e innovativa, che fornisce prova dell’altissima maestria di Ratmanski.
Lo spettacolo che ne risulta impone ai ballerini una tecnica assai impegnativa: virtuosismo dei passi ed espressività della mimica sono i binari del Petipa che Ratmanski ha voluto riabilitare senza sconti.
Le scene rileggono in un’atmosfera fiabesca baroccheggiante i 116 anni in cui la storia è ambientata (dalla nascita della principessa Aurora, al suo maledetto sedicesimo compleanno, fino al risveglio con il bacio del principe dopo cento anni di sonno incantato). Il quadro finale, in particolare, è un vero e proprio trionfo lussuoso dell’eleganza e del divertimento. Il binomio cromatico bianco e oro ci riporta alla corte del Re Sole, secondo l’idea originale di apoteosi della monarchia della Bella addormentata. Il Re, benevolo, che premia amorevolmente i buoni e punisce con severità i cattivi.
Forse un po’ debole e fuori tempo massimo il sipario semitrasparente, pacchianamente decorato, che dovrebbe avvolgere il palazzo reale nel sonno incantato.
La direzione di Vladimir Fedoseyev è stata energica e convinta, forse eccessiva nelle dinamiche ma in linea con la ricostruzione scientifica del balletto.
A cimentarsi nel ruolo della principessa Aurora nella prima rappresentazione è stata la stella internazionale Svetlana Zacharova, la bellissima e bravissima ballerina russa ormai étoile affermata e di indubitabili qualità tecniche ed espressive, accompagnata dallo scaligero Jacopo Tissi, in sostituzione di Sergei Polunin, infortunato.Nella prova generale si sono esibiti nel ruolo della principessa la brava Nicoletta Manni, il principe è stato invece Timofej Andrijashenko, vittima di un piccolo inciampo nel finale, e nei panni di Carabosse Mick Zeni.
Nella recita del 7 ottobre hanno danzato nei primi ruoli Lusymay Di Stefano, astro nascente del Piermarini, Claudio Coviello, ballerino affermato in ruoli comprimari, e ancora Mick Zeni, sempre nel ruolo della strega maligna.
Impeccabili davvero tutti gli interpreti del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala nei ruoli secondari che abbiamo visto danzare in prova generale e in recita: Maria Celeste Losa, Nicola Del Freo, Vittoria Valerio, Virna Toppi, Angelo Greco, Martina Arduino, Stefania Ballone, Agnese Di Clemente, Marta Gerani, Alessandra Vassallo, Chiara Fiandra.
Di eccezionale bravura tutti i piccoli giovanissimi ballerini della scuola di ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala, per competenza tecnica ed espressività, nelle scene corali e nei numeri del finale. Il tripudio di pubblico è stato clamoroso, la sala piena, gli applausi molti e rumorosi per un allestimento così nuovo eppure già classico. Uno spettacolo imperdibile!