
[rating=5] Nella Chiesa di N.O. San Giovanni di Dio Torre Galli, sabato 8 marzo 2014, in occasione della Santa Messa per la Festa di Celebrazione del Santo, si è potuta gustare una delle creazioni più rare del compositore austriaco Franz Joseph Haydn (1732-1809), la Missa Brevis Sancti Joannis de Deo, Hob. XXII:7.
Questa Messa è il frutto del legame che Haydn stringe con l’Ordine dei Fatebenefratelli dell’Ospedale di Vienna, grazie al quale ottiene i primi ingaggi compositivi nell’anno 1755. San Giovanni di Dio è il Fondatore dell’Ordine. La profonda fede e la sua religiosa devozione portano Haydn a dedicare la Missa Brevis a tale personalità. Haydn, dal 1751, dopo esser stato licenziato dal Coro di Voci bianche della Cattedrale di Santo Stefano della capitale austriaca, fu accolto come primo violino nell’orchestra di musica sacra dei Frati della Misericordia nella Leopoldstadt. In compenso riceveva vitto e 60 fiorini annui. Da qui l’amicizia con i Fatebenefratelli è nata e si è consolidata nel tempo. Quando entra a servizio della corte della famiglia Esterhazy, ad Eisenstadt, il Principe Paolo fa costruire, nel 1760, un Ospedale, affidandone la gestione all’Ordine. Haydn ne approfittò, allora, per comporre la Missa Brevis che porta come sottotitolo “Piccola messa per solo organo”, per distinguerla dalla “Grande Messa” dedicata alla Madonna. Nella prima esecuzione, avvenuta ad Eisenstadt nel 1775, quale umile atto di devozione e venerazione per il fondatore dell’Ordine, Joseph Haydn decide di suonare l’organo.
L’organico orchestrale della Messa è cameristico, un ottetto misto: due violini, cello e organo accompagnano le quattro voci soliste. Il M° Leonardo Cremonini (clarinettista dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino) concertatore e direttore, guida l’Ensemble “Otto Marzo” costituito da Roberta Malavolti e Beatrice Bianchi ai violini, Nicolò degl’Innocenti al cello, David Jackson all’organo, il soprano Sofia Folli, il contralto Eva Mabellini, il tenore Tiziano Barbafiera e il basso Tommaso Corvaja.
Presiede l’esecuzione del “piccolo” capolavoro haydniano S. E. Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze. La “piccola” Messa è costituita da sei movimenti: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei.
Il Kyrie si apre con un’introduzione cantabile e ariosa nella quale si intrecciano a canone le quattro voci strumentali che supportano la polifonia vocale brillante e scorrevole.
Nel Gloria, Haydn affida alle quattro voci soliste l’acclamazione degli angeli festanti che annunciano la nascita di Gesù, una lode di invocazione al Signore affinchè abbia misericordia del suo popolo. È interessante notare che il motivo principale del Gloria ritorna identico nel secondo e finale Allegro del Credo.
Il Credo, la dichiarazione di fede dei fedeli al Signore, è la parte centrale e più lunga della Messa. Haydn lo divide in tre sezioni: Allegro (la professione di fede), Adagio (il racconto della crocefissione), Allegro (la resurrezione e la salita al cielo). Alle parole Et resurrexit tertia die, secundum Scriptures [Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture], l’Ensemble “Otto Marzo” e il contralto Eva Mabellini riprendono l’incipit del Gloria per poi integrarsi nel coro a voci miste che conduce al finale.
Nel Sanctus i due bassi dell’organico, il cello di Nicolò degl’Innocenti e il basso Tommaso Corvaja, danno inizio alla preghiera, scritta da Haydn come una fuga a quattro in tempo Allegro. Il Benedictus, seconda strofa del Sanctus, si apre con un’introduzione solo strumentale che lascia la parola al soprano Sofia Folli per narrare l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme la domenica delle palme. La voce calda e profonda di Sofia concerta con quella del primo violino, ora all’unisono, ora in un intreccio polifonico, mentre l’Ensemble, sotto la delicata ma chiara dizione del M° Cremonini, le accompagna in un lineare sviluppo armonico.
Il culmine dell’espressione religiosa è raggiunto da Haydn nel brano conclusivo della Missa Brevis, l’Agnus Dei. Gesù Cristo, vittima sacrificale, redime i peccati dell’intera umanità. E le pagine musicali ne descrivono l’ascesa. L’Adagio inizia in un clima cupo, afflitto e sofferente ma le tenebre della sofferenza sono squarciate da una luce, la luce divina che conduce alla serenità e alla pace eterna che si afferma nella finale invocazione corale, in pianissimo, Dona nobis pacem.