
Edito da Mondadori
Questa giustizia oscura, che rende vane le opere nate solo dal privilegio, è la cosa più importante che ho imparato stando con lui
Torno a parlare di un autore che è stato recentemente candidato al Premio Strega, Giuseppe Munforte.
In seguito alla lettura di un servizio del “Diario” sulla vicenda dell’Ipca di Cirié, colpito da una fotografia della fabbrica, Munforte trae ispirazione per scrivere La Pirma regola di Clay.
Siamo nel mondo di due giovani adolescenti che vivono nell’ammirazione di Ivano, un pugile dalla guardia bassa soprannominato Clay per la sua bravura.
È il protagonista a raccontare come il ragazzo sfuggevole che irrompe negli spogliatoi, rappresenti quel talento tanto invidiato, quella sicurezza e audacia che lo contraddistingue, rendendolo un angelo irraggiungibile: “Avevo desiderato di diventare un pugile dal momento in cui ero venuto a sapere che lui lo era”.
Quando Clay uccide un uomo, che non è uno qualsiasi, per strada, a pugni, con la brutalità del rancore e della vendetta covata dentro, tutto si ridimensiona. La storia viene narrata attraverso altri occhi. Il personaggio principale si lega sempre di più alla sorella di Ivano, Vera.
“Sei sempre stata un po’ innamorata di tuo fratello.”
“Sì. Ma non gliel’ho mai detto… Anche lui mi vuole bene.”
I due vivono una simbiosi fatta anche di passione carnale, anche se la verità è che a unirli è Clay, il loro beniamino comune. Uno si sente più vicino al suo campione attraverso la possessione della sorella, l’altra percepisce la stima che lui nutre nei contronti del fratello. Uniti, abitano una casa immersa nei ricordi di Clay, nelle foto, i libri, i sogni di bambino, abitano l’attesa di un giorno, del ritorno.
L’uomo ucciso è il figlio di un medico della fabbrica di vernici dove lavorava il padre di Clay, morto intossicato. La drammatica scomparsa del genitore, porta alla fine del campione, degli allenamenti, alla follia della madre, un decadimento continuo che si rispecchia anche nel rapporto con Vera. I due, infatti, si alimentano di un amore “platonico”. Nonostante il sesso, emerge la fuggevolezza di lei, il bacio “tristissimo e disperato” che si scambiano, lui che l’associa alle bambole nelle discariche che continuano a vivere anche quando nessuno prova più niente per loro, sono tutti gesti vuoti tesi solo a tenersi compagnia sotto un “credo” comune.
Il confine tra la forte ammirazione, l’idolatria e l’infatuazione è sempre più labile. Quando il protagonista dirà a Vera di amarla, non lo sta forse dicendo anche a Clay?