La pazza gioia: l’ultimo emozionante lavoro di Virzì

Dieci le candidature per i Nastri d’Argento 2016 per un film che affronta tematiche sociali ed essenziali

[rating=5] E’ giusto allontanare un bambino dalla propria madre perché è considerata pericolosa? Se da piccoli abbiamo avuto un rapporto difficile con i nostri genitori, da grandi saremo delle persone con delle grosse difficoltà relazionali? La felicità racchiude forse in sé una gran dose di follia? Sono questi i temi principali dell’ultimo film di Paolo Virzì, in sala già da qualche settimana.

In linea con il suo stile, “La pazza gioia” è una tragedia comica, una storia triste e reale con dei momenti di forte comicità, degli attimi in cui le protagoniste (rigorosamente donne) sorridono al caos e alla cattiveria della vita. Il destino forse in parte ce lo costruiamo, ma le radici, quelle genitoriali e ambientali, sono determinanti nel definire il nostro modo di stare al mondo.

“La pazza gioia” è la storia di due donne molto diverse tra loro, Beatrice e Donatella, ma accomunate dalla stessa sorte: la solitudine emotiva. Ed è anche la storia della loro amicizia, inizialmente voluta dalla predominate Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi), ma poi difesa fino alla fine da Donatella (Micaela Ramazzotti), perché è l’unico vero affetto che ha e l’unico sentimento da cui può e possono trarre protezione e stimolo per andare avanti.

La pazza gioia

E’ ambientata a Villa Biondi, una comunità terapeutica che accoglie donne affette da disturbi mentali e socialmente pericolose, in custodia giudiziaria. Si trova non lontana da Pistoia e, grazie, alla fuga delle due donne, abbiamo modo di respirare odori e sapori anche della circostante campagna toscana e delle calde spiagge della Versilia.

Tanto Beatrice è un personaggio estroverso, logorroico, elegante e spavaldo – racconta in continuazione la storia della sua famiglia e finge di avere ancora il titolo di contessa – quanto Donatella è timida, introversa, di pochissime parole e infinitamente depressa. Entrambe sono state deprivate dell’amore: Donatella ha reagito con la violenza e con un atto imprudente, Beatrice con l’esuberanza e con una grandissima voglia di tornare a vivere.

In un momento di follia le due evadono e affrontano varie peripezie che permettono allo spettatore di scoprire le origini dei loro disturbi mentali e delle evidenti fragilità nonché di conoscere i familiari e le persone più vicine che le hanno abbandonate o non le hanno aiutate.

Durante questa fuga alla ricerca di qualche emozione positiva sperimentano la ormai dimenticata sensazione di libertà e iniziamo ad amarle perché ci fanno un po’ piangere e un po’ ridere. Tutto quello che accade mette in luce le origini profonde dei loro malsani comportamenti, ma riusciamo a confonderci con il loro animo di donne, con la debolezza che le caratterizza e finiamo per perdonarle o quantomeno attenuiamo la colpa che dovranno espiare.

Un bel film, che affronta tematiche sociali ed essenziali, affatto pesante grazie all’estro della Bruni Tedeschi e del suo comportamento in comunità alquanto “sopra le righe”.

E davanti a quel verde acceso dei campi toscani bagnati dal sole, scopriamo anche noi che liberarci da schemi, pregiudizi e colpe significa essere liberi e, quindi, felici, ma che per farlo dobbiamo abbandonare i freni imposti dalla razionalità e diventare un po’ folli, dandoci così alla “pazza gioia”.

Dieci le candidature per i Nastri d’Argento 2016.

La pazza gioia

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