COCO | La Pixar torna alle origini della (sua) creatività

Nelle sale dal 28 dicembre 2017

Coco Recensione Review

Dopo sequel passati (Alla ricerca di Dory), presenti (Cars 3) e futuri (Gli Incredibili 2), la Pixar trova finalmente il tempo per regalare ai suoi fan grandi e piccini un film “originale”, con tutti quegli ingredienti che hanno reso celebre e amata la casa di produzione di Toy Story: il film è Coco e come nella miglior tradizione pixariana è un lungometraggio con diversi piani di lettura.

Il primo è ovviamente quello che vede il piccolo protagonista, Miguel, alle prese con il suo sogno di diventare musicista: peccato però che in famiglia la musica sia bandita da generazioni e più precisamente da quando la trisavola Imelda venne abbandonata dal marito chitarrista in cerca di gloria, lasciandola sola a crescere la piccola Coco,  coriacea bisnonna di Miguel. Naturalmente il pronipote non si darà per vinto e, complice il Día de los muertos che si sta celebrando in tutto il Messico, intraprenderà un viaggio nel mondo dei morti sulle orme del suo idolo Ernesto de la Cruz, durante il quale scoprirà anche una verità ignorata per secoli dalla sua famiglia. Insomma una storia che, fin dalla sinossi, è molto Pixar per come affronta un tema scomodo come quello della morte. E non solo quello ad esser onesti.

Nonostante la tematica, il regista Lee Unkrich, memore della sua esperienza con il terzo, agrodolcissimo capitolo di Toy Story, riesce a realizzare un film che sa mescolare sapientemente riflessioni da adulti (una su tutte, l’importanza della memoria) e un’estetica psichedelica, attingendo a piene mani (e con un pizzico di anticonformismo) dalla tradizione messicana, in un periodo storico in cui negli States il Messico non è uno stato canaglia, ma poco ci manca.

Ma il contributo messicano non si limita a questo: esso si riverbera con generosità nella colonna sonora che è perfettamente funzionale alla trama, senza però mai trasformare il film in un musicarello Disney alla Frozen.

Certo, questo genere musicale deve piacere, altrimenti il  rischio è che lo spettatore getti il bambino Miguel con l’acqua sporca. E il rischio effettivamente c’è. Tuttavia prima di farlo è il caso di dare una possibilità a Coco, anche perchè il risultato finale è un lungometraggio che porta sul grande schermo non il solito ragazzino in cerca di avventura, ma un sognatore, ostacolato dalla propria famiglia, che farebbe di tutto pur di raggiungere il suo obiettivo, perfino profanare una tomba.

Circostanza quest’ultima, insieme ad altre, che sicuramente lascerà a fine visione qualche perplessità in quei genitori che si accostano per la prima volta al mondo Pixar, abituati come sono a certa confortevole melassa Disney.