Verne contro Sotterraneo in un Giro del Mondo in 80 Giorni

[rating=4] Per chi, come noi, ha assistito alle quattro puntate de Il Giro del Mondo in 80 Giorni (iniziate a luglio 2015 e terminate a dicembre), questo medley in un unico, lungo, totale, episodio, può aver generato rimpianto. Ma Sotterraneo è un collettivo di menti audaci, attori non convenzionali, un drammaturgo fine e caustico. E anche questa versione globale si è rivelata a tratti convincente; mentre ha perso, purtroppo, alcuni aromi decisivi, e quel tocco di freschezza, genialità, stupore che aveva caratterizzato i singoli episodi. Ma bisogna insistere sul rinnovamento che Daniele Villa, Sara Bonaventura e Claudio Cirri hanno portato al teatro contemporaneo. La loro è stata, ed è, un’operazione perpetua di smarrimento mentale e fusione in un quadro multicolor e interattivo. E rendendo banale l’incomprensibile, e aulico il banale, in un’epoca di omologazione, a volte hanno davvero fatto balzare sulla sedia lo spettatore.

Adattare un romanzo d’avventura ad una performance teatrale che assomiglia a un videogame/gioco da tavola, è già una splendida idea; per di più Sotterraneo ha sventrato il classico di Jules Verne e ha reso quasi fluorescente ogni parte cult – quella avveniristica, descrittiva, visuale, quella comica. L’adattamento teatrale ha pescato nell’oceano delle arti: danza, pantomima, recitazione, gestualità, provocazione al pubblico. In questo spettacolo in un solo atto però, che vede il protagonista Phileas Fogg accettare la scommessa di percorrere il globo in 80 giorni, per la cifra di 80.000 sterline, alcune trovate sono state stranamente rimosse rispetto ai singoli episodi. Il salvataggio di Miss Audà in India, ad esempio – liquidato in poche mosse. Oppure, è successo che le parti narrative abbiano invaso il campo, e lasciato meno spazio allo scambio di battute, alla parte recitativa.

Niente strumenti live quindi (come in ognuno dei cinque mini-spettacoli), ma un djset, con Mattia Tuliozi alla consolle – che però non ha spiccato le ali. La corsa contro il tempo qui ha rallentato, e l’orologio ha corso, contemporaneamente, troppo lento e troppo veloce – nel senso che il beat interiore ha lasciato posto a una frenesia nel masticare le battute. A proposito, i Beatles, nel ritorno della ciurma a Liverpool, sono evaporati.

Daniele Villa, invece, che nel finale aspira le banconote come un qualsiasi spazzino di Londra del 2016, centrifiga di nuovo ogni significato e concentra lo sguardo, allo stesso tempo svuotandolo, in una scena apprezzatissima. L’interprete Sara Bonaventura ha saputo, durante lo show, superarsi e incarnare voci diverse con una gestualità e una timbrica ancora più plastiche e ritmate. Ha stupito. Il giro del mondo si compie felicemente, con colpi di scena e nuove trovate in stile b-movie anni ’70; mentre gli slittamenti tra il romanzo di genere e l’immaginario pop creano un gap tremendamente affascinante, che è poi il nucleo bollente di Sotterraneo.

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