C’era una volta in Buthan di Pawo Choyning Dorji

Un piccolo gioiello tra documentarismo e riflessioni filosofiche

C'era una volta in Buthan
C'era una volta in Buthan

La trama del film ruota attorno alle prime elezioni democratiche che hanno trasformato il Buthan in una monarchia costituzionale ma il regista Pawo Choyning Dorji abbandona volutamente il piglio semi-documentaristico a favore di riflessioni ben più profonde che abbracciano sia il tema della spiritualità come parte integrante ed imprescindibile per il popolo buthanese, sia l’annosa domanda se la “democrazia” in quanto tale sia davvero l’unica forma utile allo sviluppo sociale degli individui.

Ora che la “politica” è entrata nei villaggi, i meccanismi divisivi dei tre schieramenti (il giallo, il blu, il rosso), stanno già minando i rapporti sociali degli abitanti del villaggio e stanno intaccando la felicità di una semplice famiglia rurale di cui seguiamo le vicende.
“A noi piace il re, che bisogno c’è di votare?” afferma con candida dolcezza una signora anziana all’addetto statale che sta provando a spiegarle il complesso sistema elettorale.
Ma questo è solo lo scheletro di questa pellicola ed infatti la falsa narrazione semi-documentarista non impedisce al regista di virare verso il registro della commedia “accarezzando” più volte toni che, ad uno sguardo occidentale, possono sembrare surrealistici.

C'era una volta in Buthan
C’era una volta in Buthan

Perché il Lama ha chiesto al suo discepolo due fucili proprio prima che gli addetti statali si rechino nel suo villaggio per spiegare al popolo il meccanismo elettorale? Quali sono le cose che “deve mettere a posto”? Con questi interrogativi lo spettatore andrà avanti per tutto il film come se stesse seguendo un action movie ricco di colpi di scena, che in effetti non mancano ma che, a differenza dei film d’azione, sono in questa pellicola molto più poetici e profondi.

La semplicità del monaco che gira tranquillo a piedi per le aree rurali con un fucile sulla spalla come se fosse un nuovo sutra del Buddha può spiazzare il pubblico occidentale ma di certo non spiazza ed anzi sembra quasi normale per gli addetti statali che appena lo vedono si offrono persino di dargli un passaggio in macchina fino ai piedi della montagna dove si trova il monastero del Lama. Ma come ogni “thriller” che si rispetti sulle tracce del monaco si lancia all’inseguimento un trafficante d’armi americano accompagnato da una guida locale apparentemente senza scrupoli… Ma ora che al fucile è interessato anche l’occidentale che con i suoi dollari crede di poter comprare ciò che vuole, ed ora che anche la polizia sta indagando mettendosi a sua volta sulle tracce dell’americano, si “metteranno a posto le cose” come ha detto il Lama all’inizio del film?

C'era una volta in Buthan
C’era una volta in Buthan

La soluzione è forse la più ovvia ma per questo anche la più inaspettata e quella in grado di donare al pubblico in sala riflessioni profonde su una visione del Mondo, alternativa al nostro modo di concepire la Vita.

Se ad una trama davvero ben scritta si aggiunge il fatto che la realizzazione di questa pellicola gode di un’ottima fotografia e di una recitazione semplice ma molto funzionale, non si può non affermare che questo sia un film da non perdere e da vedere assolutamente sul grande schermo anche per godere della bellezza dei paesaggi rurali di questo splendido paese che sembra essere rimasto ancorato nel tempo.

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