
Film del 2010, diretto da Tetsuya Nakashima, tratto dall’omonimo romanzo di Kanae Minato.
In una classe di scuola media, l’insegnante responsabile, Yuko Moriguchi (Takako Matsu), professoressa di scienze, annuncia ai suoi studenti di voler lasciare l’insegnamento, dopo la perdita della sua amata figlioletta di quattro anni Manami (Mana Ashida), morta per annegamento nella piscina dell’istituto. Durante il suo freddo e lungo monologo in aula, la donna rivelerà di essere convinta che la piccola sia stata uccisa da due studenti della sua classe, descrivendo con particolari dettagliati, il motivo delle sue conclusioni. La confessione del suo piano di vendetta porterà i due studenti in un abisso senza fondo, fatto di disperazione e ossessione. Ma la vendetta non è ancora terminata.
In Confessions viene mostrato uno dei problemi che più dilaga in Giappone: il disagio giovanile. Il troppo controllo e la severità con la quale vengono educati nelle scuole i giovani, fa si che essi si smarriscano, causando diversi problemi psicologici, finché nella loro mente non scatta quella lucida follia, quel distacco emotivo che li porta a compiere azioni criminose o gesti mitomani oppure atti di bullismo.
Alcuni si conformano alla massa, altri cercano di distinguersi, uniformandosi ugualmente nella loro stessa diversità perdendo il concetto di individuo e di identità, (un esempio sono i gruppi di “Emo” e di “Lolite”, ben lontani dalla moda giovanile occidentale, poiché hanno connotazioni e motivazioni diverse e ben più gravi); nel film possiamo notare in una scena, che alla Tv viene trasmesso il programma in cui canta la band pop più numerosa al mondo, molto famosa in Giappone, le AKB48, gruppo icona delle adolescenti, che seguono come modello della perfezione assoluta. Altri, gli Hikikomori,(letteralmente, “stare in disparte”) si isolano dal mondo, credendosi al sicuro solo a casa propria e relazionandosi tramite internet o cellulari. Nakashima rimane fedele al romanzo, cambiando solamente alcuni dettagli, non troppo rilevanti, fortunatamente.
La resa luministica è particolare, tipica di quel genere onirico e thriller, come solo in Oriente sanno fare. Le atmosfere tendenti al verdastro, a volte al blu, esprimono perfettamente il gelo che incombe sui protagonisti, mentre il finale aperto (a differenza del libro), lascia a varie interpretazioni, anche se in fondo quella plausibile è una sola. L’attrice Takako Matsu , è bravissima nell’interpretazione della professoressa Moriguchi, un personaggio che fino all’ultimo rimane coerente con se stesso, fredda e calcolatrice al pari dell’Enigmista (Saw, 2004), tiene i fili della sua vendetta, in cui i due studenti, crollate le loro difese, divengono inermi burattini. Eccellenti anche i ragazzi che interpretano i due studenti protagonisti della tragedia, Yukito Nishii nel ruolo di Shuya Watanabe e Kaoru Fujiwara nella parte di Naoki Shimomura.
Consiglio vivamente il film, ma prim’ancora suggerisco di leggere il romanzo, da cui forse potrete cogliere qualche riflessione in più rispetto al film. Per fortuna in Giappone il tasso di omicidi è molto basso, anche se stanno aumentando i giovani che uccidono per bisogno di attenzione, ma il tasso dei suicidi è uno dei più alti nel mondo. La questione è gravissima e a quanto pare, anche loro iniziano a rendersene conto.