
Archiviata la dimenticabilissima Fase 4 del Marvel Cinematic Universe, incapace di gettare le basi per una trama orizzontale degna delle fasi precedenti, i fan di tutto il mondo nutrivano non poche aspettative per la successiva Fase 5.
Purtroppo, però, anche i film e le serie TV targati Fase 5, nonostante quel capolavoro intitolato Guardiani della Galassia vol.3, continuano a faticare nell’offrire al grande pubblico un intreccio che si dipani in modo coerente tra i vari prodotti del franchisee, a parte la promessa generale che il multiverso è tra noi (anche se non è ancora ben chiaro cosa sia di preciso).
Non sfugge da questo problema di “visione” The Marvels della regista, nonchè sceneggiatrice, Nia DaCosta, anche se le va riconosciuto il merito di non aver dimenticato, come avvenuto in altri lungometraggi dei Marvel Studios, gli eventi delle serie targate Disney+, nel caso specifico la giustamente osannata WandaVision e la meno riuscita, seppure godibile Ms Marvel.
Non pervenuti, invece, riferimenti a Secret Invasion: ma d’altronde, non si può voler tutto dalla vita. Soprattutto da quella di un binge watcher di prodotti del Marvel Cinematic Universe

Venendo all’intreccio narrativo, la trama vede come protagonista Carol Denvers (Brie Larson) supereroina nota come Captain Marvel e dai poteri talmente eccezionali da essere stata relegata, al termine del suo ultimo film stand-alone, ai confini dell’universo, salvo ritornare per dare una mano agli Avengers nell’ormai mitologico Avengers: Endgame.

E siccome l’appeal del personaggio è sempre stato pari a quello dei cavoletti di Bruxelles, i Marvel Studios hanno pensato bene di affiancarle altre due supereroine, nuove di zecca per il grande schermo, ma ben note agli assidui frequentatori dello streaming disneyano: la fangirl Kamala Khan (Iman Vellani) e la nipote acquisita di Carol, Monica Rambeau (Teyonah Parris), oltre ad uno stuolo di gattini alieni capitanati dal redivivo Goose.

Il risultano è una trama che se da un lato riesce nell’intento di umanizzare Captain Marvel rendendola quasi simpatica (in alcuni casi, pure troppo e ai limiti del cringe), dall’altro perde tanti punti in epicità, complice anche un villain talmente insipido che all’uscita della sala non ne ricorderete nè il nome nè il volto: ah, per la cronaca si tratta della Kree martello munita Dar-Benn interpretata da Zawe Ashton, che già bazzicava in qualche modo il Marvel Cinematic Universe, visto il suo recente fidanzamento con Tom “Loki” Hiddleston.

I problemi di trama non dipendono, però, soltanto dalla villain poco riuscita (a voler essere clementi), ma anche da delle spiegazioni pseudo-scientifiche che sembrano più delle supercazzole che dei seri tentativi da parte degli sceneggiatori di far quadrare il tutto e guadagnarsi l’ingaggio.
Per non parlare degli effetti speciali che in alcuni momenti di scazzottate cosmiche non sembrano all’altezza del carrozzone Marvel, ma di un film degli anni 2000.
Per fortuna, oltre alla buona alchimia tra le 3 “Marvels”, la pellicola è contraddistinta anche da una durata “umana” (soltanto 105 minuti) e da 2 scene post credit che tutti, ma proprio tutti, apprezzeranno anche se c’è il serio dubbio che si tratti di semi che vedremo germogliare tra qualche lustro. Scioperi degli sceneggiatori permettendo.