
Dopo l’affascinante viaggio nella rappresentazione iconografica del gatto nel mondo antico e nella scuola fiamminga (leggi l’articolo), proseguito nelle opere degli artisti italiani del XVI secolo (leggi l’articolo), il percorso si conclude con la sua proteiforme rappresentazione nelle opere moderne e contemperanee.
Soltanto nel periodo “Barocco”, in un periodo in cui la natura e gli elementi che la popolano vengono visti con occhi diversi, si comincia ad indagare il grottesco, il brutto in contrapposizione alla concessione della bellezza idilliaca delle epoche precedenti, con lo sviluppo della così detta pittura di genere
Grazie a questo nuovo modo di indagine molti aspetti della vita vengono rivalutati, ed è per questo che anche le immagine negative del gatto vanno piano piano scemando, però bisognerà aspettare soltanto il XIX sec d.c. perché questi felini perdano i connotati negativi per assumere sempre più il valore di animali da compagnia e quindi rappresentati nella iconografia senza alcun valore negativo ma soltanto come elementi della natura stessa, così come l’uomo e tutti gli esseri viventi.
Esemplificativa appare l’opera Giovanni Lanfranco, Giovane nudo sul letto con un gatto 1620-1622, nel quale il gatto bianco e nero sembra quasi trasformarsi attraverso la dualità dei suoi colori, da essere maligno ad semplice essere vivente.
E’ però con il XX sec. che la figura del gatto assume sempre maggior rivalutazione. Eduard Manet esorcizza il mito negativo del gatto nero rendendolo protagonista in una locandina del 1882 della mitica sala da ballo parigina del Folies-Bergère, dove in primo piano c’è un gatto nero.
Altra opera estremamente delicata è quella realizzata da Pierre Auguste Renoir (1841-1919) e denominata
“Julie Manet detto anche Bambina con il gatto” 1887. Julie era la figlia di Eugène Manet fratello di Eduard Manet. Eugène visti i rapporti di amicizia con Renoir propose all’artista la realizzazione di un ritratto di sua figlia. Il gatto è rappresentato comodamente addormentato tra le braccia della bambina, la scena appare serena anche se velata da una leggera malinconia.
La personalità sfuggente del gatto trova la sua naturale assonanza con la personalità di grandi artisti. Artisti come Frida Kahlo, Andy Warhol, Herni Matisse, Herni Cartier Bresson fino a Picasso e a Salvador Dali indagano, attraverso le loro opere la figura di questo felino.
Anche nell opera di Pablo Picasso denominata “Jacqueline sentada con su gato” del 1946 il gatto viene rappresentato comodamente seduto sulle gambe della sua padrona.
Per Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderón, conosciuta come Frida nella sua opera “Autoritratto con collana di spine e colibrì, 1940” il gatto assume quasi il ruolo di compagno.
Il gatto si trova sopra la spalla sinistra della pittrice, pronto quasi a scattare per difendere la sua padrona Frida, costretta dagli impedimenti dovuti alla malattia di cui soffriva, chiaramente allusivo alla collana di spine ed colibrì dipinto quasi sul cuore come in croce.
Il gatto si contrappone alla scimmia, animale le questo di compagnia, quasi come il ruolo che la donna doveva occupare secondo l’opinione del tempo. Frida invece si ritrae più vicina al gatto, posizione della testa, che assume un valore di libertà ed indipendenza, aspetti che la pittrice cercherà di guadagnarsi durante tutta la sua complicatissima vita.
Oggi fortunatamente il gatto è tra gli animali più amati, essi vivono nelle nostre case, condividendo con noi le gioie ed i dolori, accompagnandoci a loro modo lungo la strada della nostra vita.