The Art of The Brick: quando la Lego diventa arte

I mattoncini dell’americano Nathan Sawaya, in mostra a Roma fino al 25 aprile al SET di Via Tirso, sorprendono l’immaginario del visitatore. “The art of the brick” è un’imperdibile rassegna sul gioco che diventa arte

[rating=4] Chi di noi non ha mai sognato da bambino di far diventare il gioco il proprio mestiere? Sawaya, affermato avvocato newyorkese, è riuscito in questo intento. Un giorno si è svegliato e, come nei migliori film, ha mollato una carriera certa per dedicarsi alla sua passione: gli immortali mattoncini della Lego con cui tutti, nell’infanzia, abbiamo costruito ponti, castelli, città e velieri, sognando ad occhi aperti mondi immaginari.

Andando controcorrente e lasciandosi scrivania e scartoffie alle spalle, questo giovane americano è riuscito a tramutare un gioco in un esperimento artistico di successo che sta facendo il giro del mondo, entusiasmando visitatori di ogni fascia d’età, critici d’arte e giornalisti.

Le opere dell’intraprendente artista sono infatti un mix di pop art e surrealismo ma, in alcune occasioni, guardano anche alle suggestioni impressioniste e alle esperienze del divisionismo, senza mai dimenticare l’aspetto ludico della sua scelta di vita.

The Art of The Brick

Per Sawaya, l’ispirazione arriva da ogni cosa: può essere un frutto lasciato su un tavolo, un’opera d’arte del passato, un pensiero affiorato all’inconscio. Da ogni ispirazione prende vita una sequenza di mattoncini che sembrano diventare tutt’altro che un gioco nelle mani sapienti del modellatore di Lego.

Mele rosse, violoncelli, figure a grandezza naturale, sono solo alcune delle opere che si trovano in mostra, unite a strabilianti omaggi alla statuaria greca e a quella di Degas e Rodin, ma anche alla pittura di Van Eyck, Klimt, Warhol, e addirittura all’architettura greca del Partenone.

Lungo il percorso espositivo, ogni opera in più è una sorpresa ulteriore. Sawaya, per utilizzare un paragone illustre, riesce a fare con la Lego ciò che Michelangelo faceva con il marmo: da una materia completamente inerte, per di più squadrata e dalla forma obbligata, tira fuori muscoli e volti, come se in quei minuscoli pezzi ci fossero già dei prodigi semplicemente da riassemblare. Eppure il suo è un gioco che non conosce istruzioni, che parte da dentro, e da qui la meraviglia di chi guarda.

Sawaya fa parlare la plastica e, tra le sue mani, dei mattoncini relegati al passatempo dei più piccoli, diventano sapiente espressione di un ricco e personalissimo mondo interiore come nelle sezioni “Condizione umana” ed “Espressioni umane” dove, alla capacità di realizzazione manuale, si unisce l’intimità dell’uomo e una sensibilità tutta personale.

I Lego allora si trasformano in un’apologia della diversità o in una riflessione sulle maschere che siamo chiamati ad indossare tutti i giorni, per poi diventare un invito ad assecondare il proprio “io” e ad ascoltare il cuore.

The Art of The Brick

Ad impressionare, inoltre, è la capacità dell’artista di realizzare, oltre alle opere tridimensionali, dei pannelli bidimensionali che richiamano i dipinti, utilizzando i mattoncini come nel puntinismo venivano utilizzati i tratti di pennello o come, nella moderna fotografia, vengono usati i pixel per creare un’immagine. Tutta la galleria di ritratti utilizza questa tecnica ed è sorprendente come l’artista riesca a suggerire espressioni dettagliate, ricostruendo volti, sorrisi e sguardi. Se ci si pone ad una certa distanza dall’opera, i volti “bucano” i mattoncini e creano la figura. Se ci si avvicina, invece, si possono contare i pezzi, spesso tantissimi, che sono serviti per creare l’opera.

Assolutamente innovativa questa mostra, di sicuro non banale. Per chi possa visitarla, imperdibile. Peraltro è un modo eccellente per accostare l’arte ai bambini e il gioco agli adulti.

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