
Dopo il suggestivo viaggio nella rappresentazione iconografica del gatto nel mondo antico e nella scuola fiamminga (leggi l’articolo), il percorso continua alla scoperta dell’immagine del felino nelle opere degli artisti italiani del XVI secolo.
Il gatto appare nei vari contesti storici sotto varie sfumature insidiando il genere umano, come nella “Madonna con bambino” attribuita alla scuola di Cosme Turà.
Il gatto, in questa scena, sembra cercare furtivamente di prendere il cardellino, simbolo della passione di Cristo.
Nel dipinto inoltre Gesù è legato con una cordicella all’uccellino, quindi simbolicamente al proprio destino.
L’autore ci mette in guardia dal gatto – demonio che insediando il cardellino non insidia soltato Gesù ma tutto il genere umano che viene salvato proprio dal sacrificio del Cristo con la sua passione.
Anche Giulio Romano nella sua “Madonna del gatto” (1520) ci ricorda di come il demonio sotto le sembianze del gatto è sempre presente.
In questo caso il felino viene rappresentato mentre osserva l’osservatore con uno sguardo così intenso e tentatore disinteressandosi di quanto sta accadendo vicino a Lui con lo scopo di raggiungere obbiettivi maggiori.
Il gatto è presente anche nelle opere di Lorenzo Lotto nella sua “Annuciazione” (1526). Anche in questo caso, il gatto – demonio è lì a rammentarci le insidie del male. In questo caso però la presenza dell’Arcangelo ha messo in fuga il gatto e la minaccia demoniaca che viene sconfitta dal concepimento di Cristo, colui che salverà l’umanità dal peccato originale.
Nella cena di “Hemmaus” (1552) del Pontormo la presenza del gatto è sempre presente, addirittura in questa opera i gatti sono due, nascosti tra le gambe degli apostoli, con l’intento di insediare il piccolo cane bianco, che nel rinascimento assume il simbolo di fedeltà ed obbedienza.
Chiara è l’allusione alla fedeltà degli apostoli nei confronti del Cristo, proprio quando il messia risorto dopo tre giorni dalla sua morte sulla croce appare ai sui discepoli nel momento in cui essi avevano per un momento dubitato delle sue parole.