
[rating=3] Il ritorno alle origini, al teatro greco e latino, non è più una novità nel teatro d’oggi. Lo è stato sicuramente nel Novecento teatrale ma ora appare naturale, come un attingere in modo diretto ed interessato. Un ritorno che risulta essere, però, sorprendentemente lacerante. Andrea de Rosa, regista dello spettacolo Studio sul Simposio di Platone rimane ancora sul testo classico, curando, questa volta, la regia dello spettacolo Fedra, da Seneca. De Rosa sembra aver colto la chiave per sviscerare dai testi antichi il loro messaggio perpetuo e profondo, riuscendo a materializzare una scena che lascia allibiti e scossi.
Fedra che ha debuttato al teatro Bonci di Cesena il 19 novembre scorso, è particolarmente bello, caratterizzato da una bellezza sublime e allo stesso tempo oscura e misteriosa. Il testo di Seneca, benché riadattato dallo stesso De Rosa, è rispettato nella sua componente mitica, ma soprattutto nella crudeltà di alcune scene, che rende lo spettacolo forte, incisivo, tagliente.
Fedra (interpretata da Laura Marinoni) è il racconto di una donna matura, sposa di Teseo (Luca Lazzareschi), che per un volere oscuro, una forza pressante si innamora del giovane figliastro Ippolito (Fabrizio falco). L’amore è però impossibile, non convenzionalmente permesso, e non ricambiato dal giovane uomo, che vivendo ad uno stato primordiale e naturale odia la donna, perché considerata come uno strumento del male e della corruzione.
L’epilogo a cui la storia giunge è inesorabilmente la morte, sentita come inevitabile via di espiazione e risoluzione. La morte è duplice: il suicidio di Fedra e l’omicidio del giovane. Anche l’amore è duplice trattato secondo la doppia componente del desiderio, fisico e possessivo ma anche della pazzia, del furore, del morbo che attanaglia irrazionalmente l’anima, spingendo l’individuo al dolore e alla tragicità di atti estremi. Appare molto bene dalla scena anche la componente dell’ impossibilità dell’ individuo di essere padrone del proprio destino e con esso di scegliere la via del proprio amore. L’uomo e la donna sono inevitabilmente soli, abbandonati al pianto e incapaci di rispondere alla domanda “Perche piangi?”, rivolta sia a Fedra che successivamente a Teseo.
Lo spettacolo ha la sua energia nella parola. La parola detta quasi sempre come monologo fatto dai personaggi per se stessi. La parola resa viva come immagine, che veicola ciò che non è mostrato al pubblico. La parola come strumento di beffa. La luce, che illumina la scena, si fa carico di una forte valenza simbolica e creativa. La scena che rimane semplice e statica per tutto lo spettacolo ha come nucleo centrifugo un elemento architettonico a cubo, costituito da tre vetrate, che permettono di vedere al suo interno le scene che accadono. Impossibile è non fare un accenno agli attori, che magistralmente rivestono i panni dei propri personaggi, che devono fare i conti con un testo denso ed un ridotto movimento, che gli costringe a caricare la voce e trovare con essa delle soluzioni espressive.
Il pathos dei personaggi rimarca le tragiche vicende umane, beffate e spesso edonisticamente guidate dalla dea Venere (Anna Coppola). Una dea che si presenta nell’esordio come tale, ma che successivamente negherà a più riprese la sua presentazione, tradendo anche lo spettatore. Il personaggio della Dea è distinto da una ambiguità che l’accompagna per tutto lo spettacolo, e una caratterizzazione che la porta lontana dallo stereotipo della bella Afrodite rinascimentale, per darle i panni di un essere divino beffardo e come dice lo stesso De Rosa, “Che volevo fosse artefice ma anche spettatore delle tragiche vicende di Fedra”.
Smuove indubbiamente molte riflessioni, questo spettacolo, che ha la sua forza in una regia completa ed attenta, in un cast di attori di prim’ordine, tra cui due valenti giovani (Fabrizio Falco e Tamara Balducci, nel ruolo di una ragazza) e dei professionisti della scena assolutamente precisi, che divincolandosi tra musica, luce e scenografia danno un contributo decisivo alla regia dello spettacolo.
Fedra, lo spettacolo di De Rosa, prodotto da Ert e Teatro stabile di Torino, passando per Cesena, Bologna, Modena, sarà prossimamente in scena a Torino.