
A pochi Km da Piombino, lungo la strada Base Geodetica che porta alla Costa Est, si estende l’Oasi WWF Padule Orti-Bottagone, un’area pianeggiante costiera di circa 120 ettari, dove sono state censite ad oggi ben 230 specie di volatili.
Noi la visitiamo un caldo giovedì pomeriggio di luglio, insieme alla guida escursionistica Silvia Ghignoli, che ci accoglie raccontandoci la conformazione dell’Oasi e la sua storia.
La vasta zona umida si divide in due aree contigue ma idrobiologicamente molto diverse: gli Orti, una palude salmastra, e il Bottagone, d’acqua dolce con un fitto canneto, il più esteso della provincia di Livorno.
“Bottagone” trae origine da un termine diffuso in Toscana, che identifica un luogo dove l’acqua piovana ristagna per periodi prolungati, creando stagni più o meno estesi.
Gli Orti, invece, sono così denominata in quanto coltivati ad orticole, grazie alla presenza di risorgive permanenti di acqua dolce. In quest’area erano presenti fino in epoche recenti “bolle limose” e la tradizione locale ricorda la presenza del “pozzale della contessa” in cui scomparve inghiottita dalle sabbie mobili una contessa con il suo cavallo.
La riserva nasce come Oasi WWF negli anni ’90: nel 1984 il WWF locale si impegnò nel contrastare il progetto di raddoppio e conversione a carbone della Centrale Termo-Elettrica ENEL di Torre del Sale, progetto che destinava il padule del Bottagone a diventare deposito carbonifero mentre il padule degli Orti sarebbe stato trasformato in un grande impianto di itticoltura che avrebbe sfruttato le acque di raffreddamento della centrale. Un appassionato di birdwatching, infatti, aveva censito tutte le specie di volatili dell’area e mandato a Roma i dati: venne Fulco Pratesi in persona, fondatore del WWF Italia, che decise di comprare i 56 ettari di terreno. In seguito è intervenuta la provincia, che l’ha resa zona protetta e dal 2013 è Zona Ramsar, ovvero rientra tra le zone umide di importanza internazionale.

La nostra visita prende il via dal Sentiero Natura del Bottagone (area ad acqua dolce), dotato di una torretta-condominio per uccelli, (sono infatti presenti ben 152 nidi artificiali per 5 diverse specie). Vi saliamo in piccoli gruppi, per ammirare con i cannocchiali il grande canneto, gli stagni ed i loro abitanti, altrimenti quasi invisibili, circondati dalla surreale centrale Termo-Elettrica ENEL, ormai dismessa ed in fase di smantellamento e dalle pale eoliche, pericolo costante perché erette esattamente sulle traiettorie di migrazione di numerose specie di volatili (quando si dice non ascoltare né chiedere consiglio agli esperti del settore!). Prati umidi, incolti, boschetti di tamerice e campi coltivati, completano il paesaggio.
Con un pizzico di fortuna, riusciamo ad avvistare un paio di folaghe, nere e col becco bianco, dalle inconfondibili grandi zampe grigio-verdi che terminano con lunghe dita lobate; splendidi esemplari di aironi cenerini e cavalieri d’Italia; la sorprendete presenza di una bella volpaca, bianca con striature marroni e becco rosso, che prende il nome dalla sua usanza di nidificare in tane abbandonate dalle volpi; e numerosi limicoli, uccelli solitamente di piccole dimensioni che cercano cibo nel fango, ovvero limo, come il corriere, dal becco corto e scuro e zampe rosate non particolarmente lunghe, con parti inferiori bianche e parti superiori marrone chiaro, che sgambetta sul fango entrando ed uscendo rapidamente dall’inquadratura.

Quindi l’escursione si sposta verso il Sentiero Natura degli Orti (area ad acqua salmastra). Lungo il percorso ammiriamo alcuni nidi del pendolino, un fitto intreccio ovale di fibre vegetali che pendono dai rami, realizzati con maestria dal maschio per attirare la femmina; alcune impronte di Emys orbicularis, la testuggine palustre europea, oggi minacciate dalle Trachelis, la tartaruga d’acqua con le famose strisce gialle e rosse, non autoctone, bensì acquistate da privati ed una volta cresciute, liberate lungo corsi d’acqua o stagni, che, per la loro voracità, causano ingenti danni all’ecosistema. Proseguiamo il sentiero tracciato, abbassandoci sotto il cavalcavia che attraverso la riserva (purtroppo il sottopasso è stato distrutto e sommerso di fango da un forte vento con burrasca), fino a raggiungere un osservatorio su palafitta, con numerose feritoie. Da qui restiamo a bocca aperta mentre ammiriamo una candida estesa salina, frutto delle ultime settimane di caldo, con sullo sfondo grandi pozze d’acqua dove riposano esemplari di fenicottero e di spatola bianca, dal caratteristico becco schiacciato. Nelle basse e ricche acque vivono diverse specie di pesci, (anguilla, ghiozzo, carpa, spigola, muggine dorato, pesce ago), una colonia di granchio mediterraneo ed infinite specie di invertebrati.
Su una palafitta, riusciamo ad avvistare anche un esemplare di falco pescatore maschio, in posa monumentale. Silvia ci racconta la sua storia, avvincente, con note drammatiche. L’esemplare aveva nidificato insieme ad una compagna, tre anni fa, ma un forte vento aveva distrutto il loro nido così si erano spostati su un nuovo traliccio. Ne erano nati tre piccoli, battezzati dai volontari Blu, Billy e Bisè, inanellati e seguiti per almeno 3 mesi nelle loro peregrinazioni. Billy si era spinto fino alla Sardegna, ma sull’isola di Sant’Antioco è rimasto folgorato toccando alcuni tralicci elettrici. Bisè era volato addirittura fino all’Africa, in Algeria, fermandosi su una diga, dentro una zona militare: qui le sue tracce si sono perse. Infine Blu, rimasto in zona Paganico, Ombrone, è stato ucciso alla riapertura della caccia. Tre storie che mostrano la difficile vita dei falchi pescatori nell’oggi, in volo tra tralicci elettrici, bacini inquinati che li rendono sterili, aperture di caccia.

Il percorso quindi continua su ponticelli di legno, dove è facile individuare le tracce del passaggio dei mammiferi presenti come aculei di istrice, tracce di predazione, resti di cibo, borre di rapaci notturni, impronte, o assaggiare il salato asparago di mare (salicornia), buonissimo sott’olio. Raggiungiamo la torretta per un ultimo avvistamento dei fenicotteri, la cui siluette in controluce ci riempie per un ultimo saluto occhi e cuore.
L’Oasi è visitabile il sabato e la domenica su prenotazione; da giugno a fine settembre è aperta, tutti i martedì, i giovedì e le domeniche alle 17,00 con prenotazione obbligatoria.
Per maggiori info: ortibottagone@wwf.it – https://www.wwf.it/oasi/toscana/padule_orti_bottagone/