Momix: l’arte dell’alchimia e l’alchimia dell’arte

[rating=5] “Lo spettatore, dovrebbe non poter mai raccontare ciò che ha udito, ciò da cui è stato posseduto nel suo abbandono a teatro”.

Mi viene in mente questo pensiero di Carmelo Bene per sintetizzare la difficoltà di chi scrive nell’analizzare lo spettacolo dei Momix, un’esperienza totalizzante che sfugge alle definizioni.

Alchemy è un viaggio fantastico e surreale alla ri-scoperta dei quattro elementi. Il coreografo Moses Pendleton, fondatore della compagnia americana gioca con la materia esaltandone la straordinarietà e sottolineando il suo credo: la sua Bibbia è la Natura.

La brochure di sala elenca le musiche, non è un caso, hanno un ruolo di prim’ordine e contribuiscono ad immerge lo spettatore in una dimensione onirica, si tratta di “Epic Music” e musica da film (Morricone è l’autore che compare più spesso). C’è anche un elenco di citazioni che aiutano a trovare chiavi di lettura a quello che si vede e si ode. Mi colpisce quella di Isaac Newton:

Il mutamento dei corpi in luce e della luce nei corpi è strettamente conforme al corso della natura, che sembra prediligere la trasformazione”

Le “illusioni” dei Momix sono create soprattutto attraverso la luce. Intervenendo su di essa i danzatori riescono a ingigantirsi o scomparire, fondersi o raddoppiarsi. La luce e il suo doppio, l’oscurità, regalano effetti ottici di forte impatto emotivo con figure ed oggetti che fluttuano incuranti della gravità.

Le tecniche adottate per gli effetti scenici sono sapientemente mutuate da diversi mondi teatrali, c’è del kabuki con uomini vestiti di nero che muovono oggetti fluorescenti, ci sono i dervisci roteanti, acrobazie aeree e proiezioni in 3D. Anche i costumi contribuiscono a straordinari effetti prospettici, pannelli mobili si rivelano animati dall’interno e si trasformano in piramidi, tute spigolose ingannano gli occhi e tessuti esaltano la bellezza del corpo.

Alchemy- Momix_ph Max Pucciarello

Moses Pendleton da vero alchimista combina gli elementi carpendone le forze intrinseche in una lega di danza contemporanea e illusionismo, antico e moderno. I dieci danzatori, malleabile materia nelle mani di un potente demiurgo, si trasformano in aria, acqua, terra e fuoco, si intrecciano in forme, colori, luci procedendo con fluidità da un elemento all’altro, offrendosi in immagini che restano impresse.

Si gioca con le altezze e le direzioni, ciò che sembrerebbe pesante risulta leggero, il vuoto è pieno, ciò che concavo è convesso. I corpi si sdoppiano e l’immagine si moltiplica con uno spiazzante gioco di specchi.

Il pubblico, numerosissimo, apprezza gli inganni il corto circuito dei sensi e tributa un meritato successo. Alchemy rispetta ciò che il titolo immediatamente suggerisce: una magia alla quale volentieri ci si abbandona.

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