La Fondazione Baldini-Marescotti-Binasco

[rating=3] E se un amico, conterraneo romagnolo, poeta drammaturgo, di quelli defilati, lontano dai riflettori, un intellettuale d’altri tempi, poco prima di morire lascia un plico con l’ultimo dei suoi lavori teatrali all’attore fraterno che già ne aveva interpretato i radi eppur brillanti pezzi da palcoscenico, c’è nell’aria già la premessa di un’aspettativa artistica bella succosa, se poi la regia la prende in mano uno che il pubblico sa da sempre come stupirlo, allora l’impasto del capolavoro è bell’e fatto. In teoria, come sulla carta di quelle ultime parole vergate dal maestro Raffaello Baldini, poi sulla scena ahinoi il risultato finale è altro.

La storia è quella di un uomo affetto dalla disposofobia o accumulo compulsivo di oggetti, situazione psicologica già di per sé altamente ispirante per lavori teatral-cinematografici e non a caso già molto sfruttata, ad interpretarlo un bravissimo Ivano Marescotti, volto noto al piccolo e grande schermo per la sua comicità ruvida, talvolta macchiettistico-gregaria ma sempre efficace. È lui il protagonista di questa immensa scena spoglia allestita da Carlo De Marino, dove lo spazio è unicamente abitato da un divano verde acceso, perché qui si gioca tutto suoi “vuoti”, quelli dell’anima in primis, che il nostro protagonista redarguisce scetticamente in riferimento alle disquisizione mediche di certi professoroni che non sanno “tener da conto la roba”. Perché le cose sono importanti, tutte, anche le più inutili e poi un giorno potranno servire a qualcuno, si potrà ricavarne una Fondazione appunto. Una comicità leggera, di quando in quando bofonchiante, teneramente simpatica anche se purtroppo un po’ soporifera.

Dopo aver visto “Tante belle cose” di Erba con lo stesso tema e la coppia esplosiva Monti-Imparato, si resta un po’ delusi dalla regia forse sottotono del sempre grande Binasco, che qui purtroppo non ci regala che pochi sfuggenti attimi d’attenzione, nel triste maremagnum parolibero-sonnecchiante del testo baldiniano, infelice triunvirato quello Baldini-Marescotti-Binasco. Peccato.

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