Dei Crinali: un’indagine sull’Io

All'Auditorium Parco della Musica di Roma all'interno del Festival Equilibrio

[rating=3] È andato in scena per l’undicesima edizione del Festival Equilibrio, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, “Dei Crinali”, coreografia di Manfredi Perego.

È stato proprio quest’ultimo il vincitore della passata edizione del Festival con il solo “Grafiche del Silenzio”, che questa volta ha visto in scena altri due danzatori oltre se stesso: Andrea Dionisi e Maxime Freixas.

Già nella penombra sono distinguibili tre figure in pantaloni grigi e maglietta blu, sedute e di spalle al pubblico; il palco si illumina e i tre danzatori iniziano quasi impercettibilmente a muovere spalle, mani e busto. Sembra quasi di assistere ad un momento di preghiera privato.
I loro gesti poi si amplificano sempre di più finché i tre, che prima si muovevano ognuno per proprio conto, con una propria autonomia, adesso iniziano a sentirsi, i loro corpi si modificano all’unisono.
L’atmosfera calma dell’inizio si modifica improvvisamente con un suono improvviso, sembra quasi che dall’alto stia per cadere qualcosa, i danzatori entrano in uno stato di allerta, si coprono il volto con le braccia, quasi a volersi nascondere. I movimenti diventano titubanti e allo stesso tempo più frenetici.

La musica di Paolo Codognola fa immergere perfettamente lo spettatore nei vari paesaggi sonori che i danzatori attraversano, non distinguendo quasi più il suono originario della chitarra.
I tre performer iniziano a cercare qualcosa, disegnano a terra delle linee immaginarie da seguire e percorrere. Diventano dei filiu cui dover trovare un equilibrio che costantemente si modifica. Sembra veramente che siano alla ricerca di quegli orizzonti immaginari, ovvero quei crinali, quelle linee che congiungono i punti più alti di un rilievo montuoso. Quell’orizzonte raggiungibile che si osserva sempre dal basso, così come basso è il livello in cui si muovono inizialmente i tre personaggi, che poi verso la fine iniziano a proiettarsi verso l’alto, con salti e costruzioni corporee di torri per arrivare sempre più vo il cielo. Ci provano, ci riprovano, prosegue la loro corsa parallela al cielo tramite tentativi di innalzamento che a tratti li vede sconfitti nella ricaduta, ma non si perdono d’animo, continuano la loro ascesa anche dopo il buoi finale.

Quella di Manfredi Perego è stata è stata una performance in cui prende forma l’indagine sull’Io, a partire dalla relazione tra il proprio corpo, lo spazio circostante e i flussi energetici che lo attraversano, che evocano una molteplicità di paesaggi esteriori e interiori.

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