Imponente Enrico IV alla corte del tragicomico

[rating=4] Un testo accartocciato l’Enrico IV, ricco di ambiguità e sbalzi temporali, frutto della mente del nostro commediografo più illustre, il Premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello. Il grande letterato ha, nel corso della sua vita, affrontato con successo il teatro sfornando memorabili opere, riconoscibili per lo stile ben definito, marchiato dal continuo oscillare tra il comico e il tragico, il grottesco e il drammatico. Non è raro cadere in confusione di fronte all’intreccio delle sue trame, dove i personaggi sono sempre tridimensionali, pieni di volti e maschere, di modo che è complicato arrivare a una soluzione piena, anche perché la soluzione, a quanto pare, non esiste.Durante una cavalcata che vuole rievocare i tempi feudali, in cui un gruppo di amici dell’aristocrazia è mascherato ognuno come un protagonista di tale epoca storica, l’uomo che impersona Enrico IV di Franconia cade da cavallo, procurandosi un grave danno mentale: da quel momento si crede realmente l’imperatore. Assecondato e poi abbandonato dalla sua cerchia di amici e conoscenti, egli continua ad abitare nella villa di campagna abbigliato come Enrico IV, circondato da paggi e valletti che obbediscono ai suoi ordini.
L’uomo vive nella totale incoscienza per dodici anni finché, un giorno, rinsavisce, e accortosi dei cambiamenti brutali avvenuti in sua assenza, decide di continuare la farsa. Questo lo spettatore verrà a saperlo verso il termine dell’opera, e fino a quel momento crederà allo strano inganno psicologico in cui è caduto il personaggio, interpretato da un Franco Branciaroli che seduce e incanta con la sua voce, la sua intonazione. Lo spettacolo, in scena alla Pergola di Firenze dal 17 al 22 Marzo 2015, inizia quando l’ex amante di Enrico IV con il suo attuale marito, la figlia e il fidanzato (in abiti contemporanei, siamo nel 2015 direi) si affidano a uno psichiatra, mossi dal desiderio di aiutare l’amico. Insieme al dottore ripercorrono le tappe della vicenda, analizzando cause, effetti, studiando un piano per far ritornare alla normalità quella mente delirante. Si presentano così al cospetto di Enrico IV travestiti da personaggi a lui cari, dando il via a una mascherata ìlare. La scena della riunione da modo di analizzare meglio il protagonista, il folle, il finto re, che gode il privilegio di essere considerato pazzo: a lui spetta il delirio di onnipotenza, la possibilità di dire il vero, esternare quei pensieri inconsci che nella società si devono celare. Le sue frecce colpiscono tutti i presenti, con una lucidità che fa pensare alla sua condizione come logica follia.
Franco Branciaroli in Enrico IVLa finzione e la verità sono per Pirandello due amanti fedeli che vivono all’unisono, una tesa verso l’altra. Si allude a un certo punto nel testo scenico alla falsa sincerità del “sentimento duraturo” che un uomo promette con gli occhi, a cui la donna finge di credere, immagine crudele ma viva che rende l’idea della velocità a cui corre la mente dell’autore. Tutto al mondo segue il gioco del compromesso, amore, relazioni, amicizia, lavoro, rapporto con se stessi. Il coltello ben arrotato di Pirandello non fa che tagliuzzare la società in cui viviamo, facendone uscire il sangue che, dice Enrico IV, pulsa con tonfi pesanti. Il monologo di Branciardi, in cui svela ai suoi paggi (giovani ma ardimentosi attori) di essersi risvegliato dal sogno dieci anni prima e di aver continuato l’ingenua recita per smascherare le persone che gli stanno intorno, è un momento lunare, onirico, tradotto da un’interpretazione asciutta e ponderata.
Franco Branciaroli in Enrico IV
La scenografia risulta, nel caso della prima e dell’ultima scena, ridondante, eccessiva, non funzionale. Nonostante questo, Branciardi “il re” è sostenuto da un gruppo di attori ben centrati e convincenti (tra cui Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti), che riescono a incarnare la giusta musicalità della prosa stupenda, tragicomica, poetica di Luigi Pirandello.

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