Femminarium o “delle femmine” fastidiose

Al Teatro Lo Spazio a Roma in scena le donnette che nessun uomo con un minimo di senno vorrebbe incontrare

[rating=1] Parlar anche solo poco meno che bene del Teatro Lo Spazio, luogo che ha ospitato nomi illustri del teatro contemporaneo e testi pregevoli, è sempre un dispiacere, ma ahinoi di fronte a certe brutture spuntare la penna è impossibile.

Ebbene eccoci a parlare dello spettacolo Femminarium, mai titolo più bello fu foriero di cotanta inadeguatezza scenica: sei donne e una presunta “femminilità” in vernacolo romanesco che dovrebbe raccontare… Dovrebbe raccontare… Bah! Fortunato chi l’avesse inteso, uno spettacolo comico? Ma allora perché certe riflessioni dalla pretesa seria su violenze, tradimenti, maternità sterili ecc. ecc.? Beninteso che per carità il passaggio dal serio al faceto è ben accetto, ma artisti che abbiano saputo saltare con l’agilità d’una cavalletta da un registro all’altro nel medesimo spettacolo sono ben pochi e la metà sono già morti. Inutile sottolineare che non è questo il caso.

femminarium

Ma mettiamo pure da parte la critica, che sarebbe feroce, ad un universo femminile assolutamente banalizzato, laddove la molteplicità del titolo è assolutamente tradita dal racconto di un unico volgare profilo di donna contemporanea che speriamo davvero si stia estinguendo; di che cosa parla questo spettacolo? Un grappolo di “femmine” che si ritrovano (in palestra?) a spettegolare esclusivamente di sesso e “omini” inadeguati, mentre si snodano attorno a loro i balletti fantasticamente inutili di una presunta (immagino io) insegnante di fitness, muta (per fortuna almeno lei). Inesistente filo drammaturgico, battute buttate a caso senza logica, regia mancata all’appello, tutte interpretano un unico personaggio privo di qualunque spessore teatrale ed infine, ciliegina sulla torta, i siparietti musicali. Beh qui tocca fermarsi e sprecare ben più di due righe sull’operazione imbarazzante applicata a un polpettone di note fra Pink Floyd e Loredana Bertè, che avrebbe rivoltato nella tomba i più illustri musichieri. Per non parlare degli intermezzi vocalizzati in romanesco… No, non era romanesco quello, piuttosto uno sporco romanaccio che offende la tradizione di un dialetto che ci ha lasciato canzoni bellissime.

Peccato perché la maestria di Umberto Papadia e la sua chitarra avrebbero meritato un testo migliore, peccato per Andrea Monti autore pluripremiato, peccato per le attrici francamente ridicolizzate in un bestiario pecoreccio che proprio non lascia nulla, esacerbato in massime del tipo “pe’ sta gazzella ce vole ‘n gorilla”, o qualcosa del genere. Peccato in ultimo per lei, Marta, l’unica che con quella vocetta stridula e il candore di una sempliciotta avrebbe retto da sola tutto lo spettacolo. Ma d’altra parte se è vero che questo titolo “delle femmine”, un po’ forzato in un genitivo latino di prima declinazione voleva semplicemente esplicitare l’origine etimologica dispregiativa del termine “donnetta”, allora sì, questo spettacolo parla di donnette, ma non certo di donne.

4 COMMENTI

  1. Ho avuto il piacere di vedere Femminarium quest’estate in una rassegna teatrale qui a Roma e la prima domanda che mi faccio é: in base a quali criteri la redazione sceglie chi deve recensire gli spettacoli? Ahinoi, le cose stanno proprio così e ahinoi questo genere di “uomini e donne” è proprio quello che sta accadendo ai giorni nostri, niente di più reale, niente di più cinico, niente di più divertente. Così, semplicemente. Si passano due ore a riflettere, con un pò di attitudine positiva alla vita anche a sbellicarsi dal ridere e ad ascoltare delle buone performance musicali. Ci sono naturalmente anche dei difetti, ma trovo banale nonchè improduttivo basare un commento soltanto su quelli. La seconda domanda la rivolgo invece all’autrice della recensione: come mai tanta aggressività? Le è forse capitato o le sta capitando di peggio nella sua vita sentimentale? Chissà. Un consiglio: vedetelo, fatevi un’idea oggettiva e soprattutto due risate…!

  2. Guardi, le critiche si definiscono tali nel bene e nel male, non c’è niente di personale, si può accettarle o meno, sì può cercare di capire perché qualcosa non sia piaciuto anche ad una sola persona (ma le assicuro che non sono la sola che non ha apprezzato lo spettacolo) oppure puntare capricciosamente il dito contro la professionalità di qualcuno, offendendone il lavoro con banali e inappropriati rimandi alla sua vita privata… scelte di vita.

  3. Mi trovo d’accordo con la recensione. Sono stata a vedere lo spettacolo con delle amiche (serene e sentimentalmente appagate). Dal teatro Lo Spazio e dal titolo dello spettacolo ci aspettavamo di ridere e di riflettere.. non abbiamo nè riso nè riflettuto. Forse apparteniamo a quella parte di femminarium non rappresentata in questo spettacolo, in cui vivono donne emancipate (e l’emancipazione è cosa ben diversa dal comportarsi da uomo) che bastano a se stesse, libere da uomini inutili che facciano raggiungere loro solo l’obiettivo di sposarsi e far figli. Il mondo femminile è così articolato, delicato, ‘dolcemente complicato’, sì anche molto molto divertente. Questo mi avrebbe fatto piacere ritrovare.
    Non si può essere ciechi e sordi davanti alle critiche quando rivolte da più persone e con motivazioni sensate.
    Dovrebbero invitare a un momento serio di riflessione.

  4. Mi trovo in totale disaccordo con la recensione della sig.ra Dantinelli.
    Io ho trovato molto piacevole e divertente lo spettacolo: ho sentito commenti del pubblico su quanta realtà viene raccontata sul palcoscenico. Cinque tipi di donne con aspettative diverse dal mondo maschile, che non raccontano ovviamente in modo esaustivo il mondo femminile.
    Rispecchiarsi in un certo “tipo di donna” sta nell’autocritica di chi guarda e in un pizzico di autoironia (se la si possiede).
    Probabilmente, chi ha dato un chiave di lettura negativa dello spettacolo, non ha mai sofferto per amore o non si è mai trovata a “spettegolare” di uomini e di sesso con altre donne. Peccato per loro.
    Lasciatemi la libertà di non crederci anzi, di credere che esistono tante donne tristi incapaci di ammettere e di ridere delle loro stesse debolezze.
    Lo dico da donna serena e sentimentalmente appagata.

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