Capitolo Due: l’arte di un nuovo inizio

Neil Simon e la magia di far sorridere il dolore in un allestimento essenziale e travolgente di Massimiliano Civica

Capitolo Due ph Duccio Burberi
Capitolo Due ph Duccio Burberi

La comicità può essere un rifugio, ma può anche essere un’arma affilata per raccontare il dolore. Capitolo Due, tradotto, adattato e diretto da Massimiliano Civica, esplora proprio questa sottile dicotomia: ridere per non cedere, per non soccombere al vuoto che la vita, a volte, ci lascia. Neil Simon ha scritto questa commedia dopo la morte della moglie, e si sente. Si sente nella fragilità di George, scrittore in bilico tra il passato e un futuro che non sa immaginare, e si sente in Jennie, che nel suo amore istintivo e impetuoso cerca un senso a ciò che è andato storto. Due solitudini che si sfiorano, esitano, si rincorrono. Faye, la migliore amica di Jennie, e Leo, il fratello di George, tessono con discrezione una trama che sembra scritta dal destino, un incontro che potrebbe rivelarsi un nuovo inizio.

La messa in scena di Civica è essenziale, geometrica, e proprio per questo incredibilmente potente. Due spazi domestici speculari – uno per George, uno per Jennie – separati da una linea invisibile che segna il confine tra solitudine e possibilità. Un confine che sembra invalicabile, ma che ha un varco ben preciso: il telefono fisso. È lui il vero protagonista silenzioso, il ponte tra due mondi. Siamo nel 1977, un’epoca in cui le telefonate erano lunghe, intime, necessarie. Civica sfrutta questo elemento con intelligenza visiva e simbolica, avvicinando i divani e posizionando i telefoni così vicini da sembrare quasi toccarsi. Un dettaglio semplice ma denso di significato: George e Jennie si parlano da due luoghi distinti, eppure le loro voci si sfiorano, come se il contatto fosse già avvenuto prima ancora di incontrarsi. Superare la solitudine significa, prima di tutto, oltrepassare un confine invisibile, più mentale che fisico.

Capitolo Due ph Duccio Burber
Capitolo Due ph Duccio Burberi

Questo equilibrio tra simbolismo e leggerezza è il tratto distintivo della regia.
Gli attori – Maria Vittoria Argenti, Ilaria Martinelli, Aldo Ottobrino e Francesco Rotelli – danno vita ai personaggi con un’interpretazione asciutta e mai caricaturale, sostenendo il ritmo con una sincronia impeccabile. Un taglio preciso ed essenziale, che amplifica la forza del testo e restituisce con autenticità il sottile equilibrio tra ironia e malinconia che attraversa l’intera opera. Le battute di Simon arrivano una dopo l’altra, senza interruzioni, come un treno in corsa. Eppure, nel vortice di battute brillanti e scambi veloci, c’è spazio per un’emozione che cresce, fino a rivelarsi nel finale: George e Jennie, fermi in un lungo freeze, rimangono seduti accanto, mano nella mano, rompendo definitivamente i loro “confini”, mentre le luci calano e le note di Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi di Lucio Battisti avvolgono la sala.

Capitolo Due ph Duccio Burber
Capitolo Due ph Duccio Burber

Capitolo Due non è solo una commedia romantica, ma un racconto profondo sull’arte di ricominciare, sulle fragilità che ci rendono umani e sul coraggio di affrontare il futuro nonostante le cicatrici del passato. Massimiliano Civica firma uno spettacolo che cattura il pubblico, guidandolo con leggerezza e intelligenza attraverso la complessa geografia dei sentimenti.

Così il testo di Neil Simon scorre rapido e inarrestabile, come su binari invisibili che conducono dritti alla miglior destinazione possibile: un lungo, sentito applauso. Uno spettacolo fresco, godibilissimo, e l’interpretazione degli attori, a tratti surreale ma sempre calibrata, amplifica l’intero spettro emotivo di un’opera che diverte e incanta, fino a commuovere.
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.

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