
Lo spettacolo è un adattamento del Candido o l’ottimismo (Candide ou l’optimisme), celebre racconto filosofico di Voltaire. L’opera satirica ha compiuto da poco 250 anni, fu scritta infatti nel 1759 dal filosofo francese, in un periodo successivo a numerose persecuzioni nei suoi confronti che lo portarono sulla via di una visione disincantata del mondo. Tuttavia Voltaire nel Candido non esalta il pessimismo, piuttosto si limita a stigmatizzare la pretesa di “vivere nel migliore dei mondi possibili”: precetto su cui Leibniz poggiò la propria filosofia. Moltissimi gli adattamenti dell’opera in altre forme artistiche, come ad esempio balletti, film, fumetti, disegni, pitture fino ad arrivare all’operetta di Bernstain e al teatro. La compagnia del Teatro della Tosse ha portato in scena al Fabbricone di Prato un vivacissimo riadattamento del Candido, un viaggio tragicomico alla ricerca del migliore dei mondi possibili.
La trama dell’opera ha inizio in Westfalia, nello splendido castello del barone di Thunder-den-Tronckt. Là vive un giovane dal carattere ingenuo e sincero di nome Candido, educato dal suo precettore Pangloss, che insegna a lui e alla figlia del barone la “teologocosmoscemologia”, la dottrina filosofica secondo la quale il mondo è “il migliore dei mondi possibili” in quanto “tutto ciò che esiste ha una ragione di esistere”, ad esempio “i nasi servono ad appoggiarvi gli occhiali, ed infatti noi abbiamo dei nasi”. Le vicende di Candido cominciano nel momento in cui si innamora della bella Cunegonda, figlia del barone e viene cacciato dal castello in cui vive. Da qui ha inizio la ricerca del migliore dei mondi possibili di Candido, attraverso una serie di disavventure sempre più drammatiche che lo condurranno a incontrare vari compagni di viaggio, come l’anabattista Jacques e Cacambò, ma anche la guerra, il carcere, la tortura, la morte di Pangloss, l’Eldorado, per poi tornare a Venezia e ritrovare tutti gli amici invecchiati, compresa Cunegonda, e giungere alla triste conclusione che è venuto il tempo che “ognuno coltivi il proprio orto”.
Lo spettacolo per la regia di Emanuele Conte, è un amalgama ben riuscita, frivola e festosa, di varie tecniche e stili teatrali, una vera ricerca del migliore “teatro possibile”. Sulla scena si ha la compresenza del teatro di figura con marionette mosse e fatte parlare dagli stessi attori che interpretano il personaggio, del teatro nel teatro dove Voltaire presenta i propri personaggi e si siede tra il pubblico per vederli in scena e intervenendo spesso a “tirare i fili” dell’opera, della commedia dell’arte personificata da Cacambò e dai suoi tratti arlecchineschi e infine della farsa teatrale con interpretazioni macchiettistiche che riconducono al grottesco e al teatro dell’assurdo.
Nonostante la storia surreale viene dato risalto all’aspetto tragicomico dell’opera di Voltaire e il risultato della performance è piacevole, avvincente e con un buon ritmo dato dall’interpretazione corale e ironica di tutti gli attori in scena.
Notevoli e coloratissime le scenografie di Paola Ratto e Bruno Cesereto, che traggono spunto dai bozzetti dal grande pittore-scenografo Emanuele Luzzati (realizzati per una precedente messa in scena dello spettacolo) che danno esuberanza e vivacità a tutta la pièce, facendo rivivere allo spettatore le sfumature di colore del viaggio di Candido: dal variopinto Eldorado, alla tetra e inquietante Venezia della fine dello spettacolo.
Ed è proprio il finale che ci lascia un po’ d’amaro in bocca, infatti mentre quasi tutta la messa in scena è attraversata da un’atmosfera ironica e leggera, la fine si svolge in una Venezia surreale e tenebrosa. Il cambio di scena e di atmosfera ci può stare, ma solo conoscendo il testo si apprezza appieno un finale che per molti spettatori in sala sarà risultato sospeso, tronco e senza una vera conclusione. Candido ormai vecchio abbandona il suo filosofico vagabondare alla ricerca del migliore dei mondi possibili, accontentandosi degli spettri dei suoi amici e del suo amore mai fiorito. È ora di coltivare il proprio orto, forse un po’ troppo tardi per poterne raccogliere frutti.
Dopo il fantastico viaggio senza fine assieme a Candido ci ritroviamo sbattuti nel nostro mondo, l’unico possibile per ora, dove il tempo passa e la senescenza incombe. Non ci resta che iniziare a coltivare il migliore degli orti possibili.