Roberto Latini on air con il Cantico dei Cantici

In scena al Festival InEquilibrio di Castiglioncello, un vortice di parole rivisitate secondo l'estetica indipendente e ambigua di Latini, che pesca nella musica punk-rock e nel lato non autoreferenziale dello spettacolo.

Un poema antico, d’amore, tra i più antichi, contenuto nella Bibbia ebraica. Renderlo punk, indie, altro da sé e dalle inevitabili interpretazioni religiose. Un’ora di crescendo imprevedibile e vivo nell’attimo teatrale, e non propriamente teatrale; svelando le idiozie e i passi falsi dell’atto d’amore, l’attrazione quasi patetica, il disastro del desiderio. Al Castello Pasquini di Castiglioncello, nella Sala del Ricamo, questo spettacolo dalle innumerevoli repliche ha trovato terreno fertile in chi ancora cerca stupore.

La progressione emotiva è suadente nella sregolata trasposizione per la scena dei versi ambrati, quieti e soffici del Cantico dei Cantici, attribuiti a re Salomone, ma più probabilmente frutto di un estinto poeta senza nome. Impeccabile il viaggio dall’illusione di essere in grado di gestire la passione, alla rovina sublime dell’abbandono; dall’auto controllo al denudarsi di logiche e strategie distaccate.

Come un dj, un attore in camerino che fa le prove, un conduttore radiofonico on air, che si mette e toglie le cuffie, ascolta i Placebo, seduce un’invisibile amata, balla, bacia il microfono; così Latini libera le energie che il testo in sé emana, rendendolo poesia senza tempo. Le immagini fresche del Cantico sono ripetute, fin dall’inizio, con registri in lotta, l’infernale e il dionisiaco con il celestiale e l’acquarellato, fino al finale imponente. È il canto di un ricordo, un amore irripetibile e lacerato, da pace mentale a guerra dei sensi – talmente bello da voler essere dimenticato. Un inno della dolcezza carnale che si trasforma in narrazione dell’impazienza di cedere all’altro, per poi ammalarsi della sua assenza.

Questa Prima nazionale di Fortebraccio Teatro è l’esempio di come un piccolo diadema rotto possa essere sguardo incondizionato, affacciato sul passaggio dalla creatura letteraria al testo. L’attore inteso quindi come mezzo di trasporto tra due universi, la scrittura e la performance, di cui l’umanità ha sempre avuto bisogno, e di cui sempre avrà bisogno.
L’impatto che lo stile di Roberto Latini esercita cu critica e pubblico non ha bisogno di spiegazioni, ma va sottolineato come sia anche frutto di un minuzioso lavoro di contaminazione tra luci, interpretazione e musica – quest’ultima arrangiata da Gianluca Misiti, che sa creare una trama sonora innervata e contraddetta dai movimenti scenici e l’uso della voce. Così da generare uno spazio di buio e colori artificiali, che strappano e ricuciono le sensazioni di chi guarda.