
[rating=4] Il “teatro canzone” torna a Monsummano Terme, città natale di Yves Montand (1921-1991), con uno spettacolo proprio a lui dedicato: all’affascinante cantante, attore teatrale e cinematografico, attivista politico, nonché raro esemplare di antidivo. Tra il pubblico anche l’importante presenza di Carole Amiel, ultima moglie di Yves Montand, e del loro unico figlio.
Forma d’arte lieve ma strutturata, il “teatro canzone” richiede una forte preparazione tragicomica, solide capacità canore e creatività nei movimenti. Tutte doti che l’istrione partenopeo Gennaro Cannavacciuolo, brillante regista e interprete di Un italien à Paris, destreggia e usa a suo piacimento per incatenare a sé la platea, dopo tanta frequentazione dei palcoscenici. E quindi come non sorridere di tenerezza e ispirazione di fronte a questo spettacolo che profuma d’altri tempi e che, in modo filologicamente corretto, inserisce anche un quartetto jazz dal vivo – alla maniera in cui Yves Montand amava esibirsi negli anni 50. L’ensemble in questione è composto da Dario Pierini al pianoforte, Antonio Donatone alla batteria, Flavia Ostini al contrabbasso e Andrea Tardioli al sax clarino, che arricchiscono l’immaginario evocato dalla narrazione.
Cannavacciuolo sa, con la sua fisicità sensibile e felina – e grazie anche a eccellenti effetti luce – come ricreare l’atmosfera sognante, un pò crudele, dove Ivo Livi (vero nome di Yves Montand) è cresciuto. La vita dell’affascinante chansonniér italo-francese sembra proprio la sceneggiatura di un romanzo. Figlio di socialisti perseguitati dal nascente regime fascista, appena bambino è costretto a scappare dalla Toscana e rifugiarsi a Marsiglia con la famiglia. Qui sbarcherà il lunario svolgendo i lavori più sfiancanti, prima di debuttare nella sala di un cinema parrocchiale. Ma egli farà incontri fortunati, e con la sua voce calda e intonata, un’intelligenza ironica e tagliente, riuscirà a conquistare prima la Francia, poi l’America. Da Marsiglia a Hollywood, passando per Broadway. Marilyn Monroe disse, quando per la prima volta lo vide esibirsi proprio in un teatro negli States: “Quest’uomo canta con tutto il suo corpo“. Per poi intrecciare con lui una relazione sentimentale durante le riprese di Let’s make love, pellicola del 1960 rimasta celebre per la strepitosa scena in cui Marilyn canta My heart belongs to daddy. Piccolo bagliore di bellezza, comicità, e teatralità insuperabile.
La drammaturgia vive di parti recitate, così come di interpretazioni di successi discografici (Les feuilles mortes o una versione saudente di La vie en rose) e scene di ballo e pantomima – deliziose, vibranti. Ogni attimo dello spettacolo vuole rendere omaggio senza retorica ed enfasi eccessiva, in un equilibrio armonico che denota la capacità compositiva di un Gennaro Cannavacciuolo in stato di grazia. La sua documentazione forsennata, durata un anno, lo ha portato a trovare le parole più intonate per restituire lo stile straordinariamente leggero di Yves Montand. Lo dimostrano alcuni sketches irresistibili (es. Il telegramma) creati da Yves Montand con la prima moglie, l’attrice Simone Signoret, con cui Cannavacciuolo ha deliziato il pubblico.
Un italien à Paris si rivela uno spettacolo sofisticato e musicale, che apre e chiude il sipario su un artista che, poco prima della candidatura alla carica di presidente della Repubblica francese, rifiutò, affermando di essere, in fondo, semplicemente “un saltimbanco“. Questo stile auto-ironico è stato perfettamente afferrato e incarnato dal nostro Cannavacciuolo, che porterà l’ultima sua creazione proprio a Parigi. Quindi, à la prochaine fois.