
Disco del mese su Blow Up, “Todo Modo”, nato dal super trio composto da Giorgio Prette, ex batterista degli Afterhours, dal cantautore Paolo Saporiti e da Xabier Iriondo, chitarrista e polistrumentista noise degli Afterhours, verrà presentato dal vivo a Roma, al Quirinetta, stasera 25 novembre. Abbiamo approfittato del debutto romano dei “Todo Modo”, per fare qualche domanda al leader della formazione, Paolo Saporiti.
Incominciamo dalla scelta del vostro nome che dà anche il titolo al vostro omonimo album di esordio. Un omaggio a Sciascia e al film culto di Elio Petri, come mai?
Giorgio, il giorno in cui lo conobbi, propose due temi, “Todo Modo” e la posizione politico/sociale che esprime, soprattutto Petri, una forte indignazione su come il paese era ed è, abituato com’era a gestire il potere, pronto a sacrificare tutto nel suo nome e “Anne Goldin”, l’ultima donna condannata e bruciata per stregoneria e il problema ad esso collegato della violenza sulle donne, tema che trovai altrettanto interessante, soprattutto in relazione al fatto che lo avremmo trattato da un palco rock e da un punto di vista strettamente maschile. Un aspetto importante nella scelta del nome TODO MODO poi, sta nel significato spiccio della frase, ovvero, a ogni costo; siamo disposti a uccidere, piuttosto che rinunciare a qualcosa. Ovviamente si trattava di una metafora ma…
Siete tre musicisti con percorsi ed esperienze diverse. Iriondo e Saporiti voi avevate già collaborato in occasione dell’album di Paolo (Saporiti)”Just let it happen…” e “L’ultimo ricatto”, mentre Prette e Iriondo voi avete militato insieme negli Afterhours. Come nasce questo sodalizio artistico e umano?
Il mio lavoro con Xabier risale, come dici giustamente, a “Just let it happen…”, prosegue poi con “l’ultimo ricatto” e arriva fino a oggi, passando attraverso “Paolo Saporiti” e “Bisognava dirlo a tuo padre che a fare un figlio con uno schizofrenico avremmo creato tutta questa sofferenza”. Sono otto anni dunque che ci conosciamo, dal momento in cui incontrai Xabier nel suo Sound Metak, sorta di negozio/sala concerti, progetto evoluto che manca molto a Milano, ora come ora. Loro due si vogliono bene, sono amici da più di vent’anni e amano suonare assieme. Quando Giorgio uscì dagli Afterhours, gioco forza volle che, andando avanti la vita, pensassero a come proseguire il proprio percorso artistico ancora assieme. Di lì a qualche mese, il pensiero cadde su di me e sul fatto che scrivevo canzoni e che spesso canto accompagnato dalla mia chitarra, un piccolo valore aggiunto. Avevamo parlato più volte, con Xabier, di possibili evoluzioni rock nel mio lavoro ed ecco svelato l’arcano. Mi telefonarono e iniziammo subito a lavorare. In poco tempo abbiamo messo a terra questo piccolo gioiello del quale vado davvero molto fiero.
Avete creato un album con testi incisivi nella loro essenzialità e con un sound ruvido,i n cui le “distorsioni” di Iriondo si sposano con la voce di Saporiti e la batteria di Prette e in cui il basso è “assente”. Come avete lavorato alla stesura dell’album, cominciando dai testi oppure dalla musica? E come mai la scelta di sostituire il bassista con una pedaliera?
I testi sono nati in seguito alla nascita delle musiche o contemporaneamente. In alcuni casi, nel mio puro stile e parlo di “Togli le mani da lei”, “L’attentato” e il ritornello de “Il mio amore per te”. Altri brani sono nati dalle improvvisazioni di sole chitarra elettrica e batteria che mi hanno fornito Giorgio e Xabier, sulle quali ho improvvisato e scritto a casa, nella mia solitudine; altri in sala prove, come può fare un trio neonato. Anche nella parte di lavoro che ho svolto da solo comunque, la legge che ci ha mossi maggiormente, è stata quella dell’urgenza. Si tratta di un disco nato tra le mille attività parallele e impegni. Ho scritto in macchina, in ascensore, in garage e giusto davanti al microfono, in studio, mentre le registrazioni scorrevano. Il bassista non c’è, perché questo voleva essere un trio e la pedaliera dei bassi è l’unico tassello fondamentale per completare e amalgamare il sound del gruppo, anche dal vivo, in assenza di tale elemento. Sul palco, io e Xabier ci rimpalliamo l’utilizzo della pedaliera tra una parte di chitarra, di voce e l’altra.
La chitarra con le sue distorsioni sembra prevaricare sul resto,donando al disco un’atmosfera che lo riporta alle origini della musica rock
Sinceramente non ritengo che la chitarra prevarichi altri strumenti in questo lavoro. TODO MODO è un power-trio nel quale la batteria, le chitarre (elettriche ed acustiche) ed i bassi da organo tessono le trame dei brani con equilibrio e consapevolezza. Le saturazioni che ho usato in questo disco sono aspre e taglienti, a volta disturbanti, per rendere lo spirito primitivo e selvaggio che volevamo dare a questo progetto.
Più che pensare alle origini del rock io sento che queste timbriche danno una contemporaneità fuori dal comune al nostro progetto musicale, fatto di canzoni con strutture particolari vestite con suoni detonanti e debordanti.
Alla luce dei drammatici avvenimenti di Beirut e Parigi la vostra “L’attentato” risulta essere un lucido ritratto della brutalità umana…
La canzone è precedente ai fatti di cui parli ma tutto era talmente nell’aria, ahimé, che non posso neanche attribuirmi una particolare sensibilità, nell’aver colto qualcosa del dramma che andremo avanti a vivere per lungo tempo ancora, anzi… La brutalità umana… Pecco anch’io. Faccio parte della massa. Faccio parte, come tutti, del teatrino assurdo (non dell’assurdo) che contraddistingue questa nostra realtà. Sono il primo ad ammettere che l’aver visto le strade di Parigi tinte di rosso, mi ha scatenato sentimenti molto più forti e precisi di tanti altri vissuti precedentemente, da lontano o come fossero lontani, in questi ultimi anni ma le facce, i nomi…la loro vicinanza, i vestiti, le persone, quelle piazze che ho visto migliaia di volte, la città che ho imparato ad amare negli anni… Quei corpi che ho visto prima fuggire e lanciarsi dalle finestre del locale nel quale alcuni miei favoriti avevano registrato i loro live più belli, riparare e poi piangere, erano per me estremamente riconoscibili. L’umano è umano, nei suoi limiti, come nei sui pregi e difetti. La mia empatia si è mossa molto velocemente, come quell’11 settembre, tanto da tenermi inchiodato per ore davanti ai media, alla ricerca di un qualche particolare per capire e spiegare, comprendere. “L’attentato” parla e si domandava le stesse cose di oggi, in relazione a un fatto avvenuto in Nigeria mesi fa ormai, una bambina si fece saltare, imbottita di esplosivo in un mercato popolare. Non capivo ora come non capisco oggi o forse non voglio capire. É tutto troppo semplice. Però continuo a pormi quelle stesse domande immancabilmente: perché e come?
“Il mio amore per te” è una ballata agrodolce piuttosto particolare…
Il ritornello è stato estrapolato da una canzone che ho scritto appositamente per questo progetto, chitarra e voce. L’idea, come accade da anni con Xabier, è stata quella di trasformare il mio panorama e lasciarlo essere. Io amo questo pezzo perché esprime a pieno la mia nuova idea di musica, una miscellanea di vari generi, suoni e mondi, tutto nel nome delle infinite possibilità che abbiamo come uomini di abitare lo stesso paesaggio.
Lo sfondo in cui si muovono i protagonisti dei vostri testi sembra essere una metropoli alla deriva in cui si intravede una Milano sfatta e disillusa…
Si intravede Milano, perché siamo nati a Milano e parte del nostro messaggio voleva partire da qui. La disillusione e lo sfascio in questa città sono tangibili tanto quanto la voglia di resistere, anche se i numeri purtroppo propendono per le prime due come in tutto il paese. Purtroppo la rassegnazione, che anni di lassismo e mancanze politiche hanno creato a seguito della caduta dei miti e degli idoli in ogni ambito, è il pesante stato d’animo che contraddistingue molte anime. Noi volevamo in qualche modo provare a tracciare una linea e lanciare una fune. Non so se ci siamo riusciti, ma questa è la mia speranza, che si continui a farlo e che sempre più gente aderisca, anziché contribuire all’affossarsi generale.