
[rating=3] Anche denominato “il musical dei record”, cosa dire che già non si conosce di Notre Dame de Paris? Debutta nel 1998 a Parigi nella versione originale francese e da allora colleziona oltre due milioni e mezzo di spettatori; è stato tradotto in 7 lingue ed ha calcato i palcoscenici di mezzo mondo. Tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo, nasce per volontà di Riccardo Cocciante, che crea le musiche e da anni cura i cast, e di Luc Plamondon, che scrive i testi delle canzoni; la versione italiana delle liriche è opera di Pasquale Panella. In Italia il musical approda nel 2002 e, dopo una pausa nel 2012, dal 2016 torna a girare per i teatri.
Qui l’azione scenica dei protagonisti è ridotta al minimo, e si alterna a parti coreografiche interamente in mano al corpo di ballo. Questo aspetto ha fatto spesso insorgere i critici teatrali, che usano appellarsi alla forma semi-scenica data all’opera, quindi alla staticità fisico/gestuale degli interpreti, che ricordiamo essere: Lola Ponce, Giò Di Tonno, Vittorio Matteucci, Leonardo Di Minno, Matteo Setti, Graziano Galatone, Tania Tuccinardi. Le coreografie, oseremmo aggiungere, risultano effettivamente troppo spesso ripetitive – stupefacenti quasi solo esclusivamente grazie alle figure ginniche degli acrobati/ballerini.
Forse ha senso interrogarci sulle ragioni del grande fenomeno di isteria di massa che questo spettacolo da anni suscita. Notre Dame de Paris deve il suo successo probabilmente all’intensa carica emotiva delle melodie, che sempre riescono a travolgere lo spettatore con un forte impianto ritmico e una decisa testimonianza sia pop, sia legata al genere denominato musica leggera, che sa cullare e far innamorare la platea. E questo grazie alla sensibilità compositiva di Riccardo Cocciante. Ma più misteriose risultano, a nostro avviso, le motivazioni di un tale spassionato amore da parte del pubblico. Se Jesus Christ Superstar, Cats, Miss Saigon, Passion (tratto dal film di Ettore Scola Passione d’amore, basato a sua volta sul romanzo Fosca, dello scapigliato Iginio Tarchetti) sono ormai pietre miliari per la loro evidente complessa struttura, difficoltà, e inventiva scenica, Notre Dame de Paris risulta piuttosto scarno a livello scenografico, non stupisce con effetti speciali, o con un accattivante disegno luci, o con costumi particolarmente elaborati e curati. Non è insomma il tipico kolossal. Confusa anche l’ambientazione: se da un lato vuole essere fedele al periodo storico (l’azione si svolge nel 1482), dall’altra tradisce le aspettative con l’uso di oggetti moderni, come materassi o tipiche transenne come quelle che si trovano nelle nostre strade. Una scelta che lascia piuttosto interdetti, insieme alla parete di pietra che sovrasta il palco, che raramente muta, e con il suo grigiore non sa evocare un’epoca. Tolta la fame di storie tragiche, quale è quella narrata, tra il deforme Quasimodo e la seducente gitana Esmeralda, e la bellezza musicale, qualcosa non quadra nell’affluenza incessante e spasmodica al botteghino.
Tutte queste constatazioni non impediranno comunque agli spettatori di domani di assistere a un’opera divenuta ormai un’istituzione. Tra gli artisti del cast si è distinto, lunedì 16 maggio al Nelson Mandela di Firenze, l’interprete di Frollo, il cantante Vittorio Matteucci.