Les Quatre Cents Coups de Truffaut torna a nuova vita

[rating=5] Il primo lungometraggio di Françoise Truffaut, Les Quatre Cents Coups del 1959, torna a nuova vita nella versione restaurata realizzata dalla Cineteca di Bologna. Prodotto dalla Società Les Films du Carrosse, fondata dallo stesso autore, ne cura la regia e la sceneggiatura, quest’ultima a quattro mani con Marcel Moussy.

Il film è dedicato al Maestro André Bazin, critico cinematografico francese che divenne suo mentore e che, per ironia della sorte, morì nel 1958, nel giorno di inizio delle riprese di questa pellicola. Truffaut si impone sulle scene con questo lungometraggio drammatico in bianco e nero che, di lì a poco, conquista i più prestigiosi riconoscimenti: nel 1959, al Festival di Cannes, riceve il Premio per la miglior regia, a soli quattro mesi di distanza dalla fine della realizzazione; nello stesso anno il New York Film Critics Circle Awards lo riconosce come miglior film straniero; nel 1960 vince il Premio Méliès come miglior film, al quale segue la Espiga de Oro al Seminci 1960.

Jean Pierre Léaud veste i panni del protagonista Antoine Doinel, affiancato da Albert Rémy nel ruolo del padre, da Claire Maurier, nel ruolo della madre, da Patrick Auffay l’amico del cuore René Bigey, da Robert Beauvais nelle vesti del direttore della scuola e Pierre Repp, in quelli del professore d’inglese.

Les Quatre Cents Coups de Truffaut

La pellicola, che ha in Antoine Doinel l’alterego di Truffaut, si inserisce nel noto “Ciclo di Doinel”, pentalogia del regista francese che comprende Antoine e Colette (1962), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo…è solo questione di corna (1970), e L’amore fugge (1978).

Lo Stensen ripropone la versione restaurata dalla Cineteca di Bologna rendendo omaggio a Truffaut, nel trentesimo anniversario dalla morte (1984-2014).

Questa creazione è il manifesto della Nouvelle Vague, quel nuovo modo di intendere la vita, che si afferma negli anni ’50 del ‘900 in Francia, per poi dilagare in tutta Europa. In questa “nuova ondata” si cerca di portare in scena i cambiamenti proposti dalle nuove generazioni, da quella gioventù disinvolta e inquieta, in lotta con le convenzioni storiche che ancora regolano l’esistenza. L’autore, fin dalla prima lunga carrellata attraverso la capitale francese, mette in luce la sua poetica: quella realista, così come era accaduto per il melodramma verista di inizio secolo con la Giovine Scuola italiana e con il Neorealismo di Rossellini, Visconti, Antonioni e De Sica.

La tematica centrale del film è universale: un ragazzino disubbidiente alla ricerca dell’affermazione di sé, della sua autonomia, della sua libertà, contrario alle imposizioni conservatrici degli ambienti in cui vive.

Les Quatre Cents Coups de Truffaut

Antoine Doinel è l’espressione personale del regista e quei fotogrammi costituenti i 90 minuti di pellicola altro non sono che momenti di vita usciti dal diario segreto per diventare vita condivisa.

Antoine è sempre in fuga dalle rigide costrizioni, siano esse scolastiche o civili. Dalla scuola alla prigione-riformatorio Truffaut ci offre lo splendore e la crudeltà del vero, come affermò Jean-Luc Godard nel periodico del movimento “Cahiers du Cinèma”. E il vero non è solo l’anima dei protagonisti ma anche degli ambienti e degli sfondi nei quali agiscono; dall’iniziale carrellata parigina con la costante della Tour Eiffel fino alla corsa finale di Antoine, fuggito dal riformatorio durante una partita di calcio, attraverso la campagna francese fino alla spiaggia e, poi, al mare.

Les Quatre Cents Coups de Truffaut

Antoine personifica Françoise, il suo peregrinare, la sua pessima condotta, le mille peripezie vissute; René è il ritratto di Robert Lachenay, il reale miglior amico di Truffaut. Fu il Maestro Bazin a farlo uscire di prigione dopo che suo padre, come nel lungometraggio, lo aveva consegnato alla polizia. Ed è a Bazin che deve la sua entrata nel Cinema, prima come critico della sua rivista “Cahiers du Cinèma”, poi, nel 1953, della rivista “Arts”, insieme a Chabrol, Rivette, Demy e Godard e, infine, dal 1957, come regista.

Cinema e vita si fondono nel ricordo della sua adolescenza; fiction e realtà si intrecciano continuamente.

Un carrello insegue Antoine che, velocemente, fugge dal riformatorio verso quel mare infinito, anelito di libertà e di nuove speranze, quel mare sempre sognato ma mai realmente visto e vissuto. Il primo piano di Antoine, quello sguardo intenso e sicuro teso verso il futuro, nella certezza che sarà migliore di tutti quei momenti ormai trascorsi, imprigionati in quello stretto ordine precostituito, familiare e civile, concludono la restaurata versione del capolavoro.

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