Il Mercante di Binasco: favola a Venezia

[rating=4] Venezia, probabilmente vicino a Rialto. Un uomo mangia da solo seduto ad un’osteria. Un improvviso vociare lo distoglie. L’uomo, Antonio, si mostra quasi divertito dall’arrivo dei rumorosi amici che parlano ognuno un dialetto diverso, chi calabrese, chi romagnolo, chi siciliano e chi veneto.

Sono gli anni cinquanta e cappelli di paglia da giorno si confondono con qualche ardito cilindro di chi è che già pronto per la serata. Bassanio confida ad Antonio di essersi innamorato della bella Porzia di Belmonte e di avere bisogno di tremila ducati per corteggiarla degnamente. Antonio accetta di aiutare l’amico, ma le sue navi sono tutte in mare e allora non resta che andare dall’ebreo, dall’usuraio Shylok. L’ebreo detesta Antonio perchè presta denaro senza chiedere interesse e perchè più volte pubblicamente lo ha uminliato chiamandolo cane e sputandogli addosso. Eppure gli concede il prestito con una penale alquanto particolare: in caso di mancato pagamento Antonio gli dovrà corrispondere una libbra di carne.

La regia di Binasco si immerge completamente nel testo, arrivando fino al fondo. E in quell’abisso scopre che il bene e il male si confondono continuamente, ora Antonio è il buon amico, dopo Shylok è l’ebreo, il diverso emarginato e perseguitato. Poi c’è un gruppo di pseudoeroi, che ricordano più’ gli “amici miei” di Tognazzi che i leggendari argonauti che scherzano, si mascherano e hanno tutti il volto di Groucho Marx: poi improvvisamente temono e soffrono quando Antonio sta per essere condannato.

Non si può tracciare il limite che separa nettamente Bene e Male, perchè sono un magma in continuo movimentoche si rimescola sempre. E così la favola che ci viene raccontata è agrodolce,una notte in cui la luna si è nascosta chissà dove. Dovrebbe essere una commedia eppura l’umiliazione di Shylok lascia addosso una nera sensazione di disagio.

Il Mercante di Venezia

Una regia che sfiora il testo di Shekespeare dandogli una lettura moderna; una scenografia essenziale che sceglie di alternare l’oro e l’indaco e una impeccabile compagnia di attori guidati da un bravo Shylok- Orlando.

Fra tutti commuove e diverte Lancillotto- Romano con il suo dilaetto, le sue movenze quasi da mimo, la sua espressione ingenua, sembra essere proprio lui, un altro diverso, il portatore di una minuscola speranza alla quale si potrebbe aggrappare questa fragorosa umanità che si diverte a salire e scendere da un palcoscenico dove a volte non sa nemmeno che sta recitando una parte.

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