Un portiere e la sua filosofia di vita

"I sorrisi del portiere", una commedia brillante, ma non troppo, con finale a sorpresa

Non ci sono più i portieri di una volta…a pensarci bene non ci sono più i portieri, sapete, quelle figure quasi mitologiche, quei factotum multiforme che oggi definiremmo tranquillamente multitasking. Rodolfo Laganà con “I sorrisi del portiere”, il suo nuovo e travolgente spettacolo (tratto da un testo di Carlo Picchiotti, per la regia di Claudio Boccaccini e l’accompagnamento musicale di Roberto Giglio) in scena dal 3 al 27 novembre al teatro Tirso de Molina,  ci descrive la quotidianità di un palazzo di Roma delineando con tenerezza simpatica ed ironia tagliente  i pregi ed i difetti dei  “suoi” condomini  (in cui forse un po’ ci riconosciamo) e lasciando intravvedere un grande spaccato di  romanità raccontato con l’eleganza e la maestria che lo ha sempre distinto.

Dopo “Nudo Proprietario 2.0”, il one man show che ha appassionato gli spettatori e che ha segnato un sold out dopo l’altro, Laganà torna sul palcoscenico con un altro monologo, nei panni di Orazio Parini, un portiere pluriennale che distribuisce, calibrandoli  molto attentamente, i suoi  sorrisi a seconda di chi gli passa davanti per augurare il suo buongiorno, ancor meglio di quanto possa fare un delizioso cappuccino perché è convinto che  sorridere può essere  una medicina che aiuta a superare le difficoltà e a sdrammatizzare tutto.

Il portiere del sorriso si definisce  laureato in sociologia e psicologia sì, ma anche in “odorologia culinaria” e riesce a capire gli ingredienti ed il tempo di cottura dei vari piatti cucinati nel suo condominio, dopo tanti anni di onorato servizio ha infatti accumulato un’esperienza in materia da far invidia; sa tutto di tutti ed è per questo che, all’accadimento di un fatto che non sveliamo, il commissario che svolge le indagini chiede a lui per primo una versione dei fatti ed Orazio, con logica fermezza, gli rivelerà la sua verità con protagonisti, moventi, vittime e colpevoli, fino ad arrivare al finale sorprendente che non ti aspetti.

Lo spettacolo è un crescendo, pieno di nostalgia  e rimpianto per  quelle vecchie abitudini e  quei piccoli gesti   che sembrano ormai scomparsi, consegnati alla triste legge della dimenticanza e che fanno pensare ai quadri di Roma sparita.  Laganà  con la sua voce pacata e le sue  espressioni  a  tratti ricorda la mimica  di  Aldo Fabrizi, proprio nel modo in cui  il grande attore esprimeva tutta  la sua “romanità”, capace di decifrare comportamenti, vizi e difetti dei suoi concittadini. Ed alla fine  ci si riconosce nelle sue  parole ed il suo umorismo conquista.