Segreti di famiglia in scena al Teatro de’ Servi a Roma

Si riaccende il dibattito sulla libertà della persona sul fine della propria vita

É in scena in questi giorni al Teatro de’ Servi a Roma, Segreti di famiglia, scritto da Enrico Luttmann, con Viviana Toniolo e Stefano Messina per la regia Marco Maria Casazza.

È giusto nascondere al proprio figlio la verità sul padre solo per non allontanarlo da sé? E non dire nulla a proposito di una malattia terminale per non farlo soffrire? E decidere di morire nel momento in cui lo si vuole e non quando il “Padreterno” ha detto ?

Quanti interrogativi esistenziali in quest’opera dai toni tragicomici. La vicenda di per sé è triste, ma la bravissima Viviana Toniolo, nei panni di Grazia, smorza anche le scene da lacrimuccia sul viso con la sua ironia e la sua arguzia. Un’interpretazione eccellente per una messinscena a due, lei e il figlio Adamo (Stefano Messina), che abilmente narra anche la vicenda quando calano le luci. E tra un sorriso dolce amaro e l’altro, i segreti di famiglia vengono a galla, soprattutto quelli di Grazia. Lei ha una scatola di lettere nascosta in cantina, un tubino nero alla Audrey Hepburn mai indossato, e l’ultimo, il più grande: ha un tumore ai polmoni. Adamo, commediografo in crisi, va a trovarla e sono subito scintille. Anche lui ha i suoi segreti.

Grazia ha un caratteraccio, un senso dello humour caustico e vuole fare le cose a modo suo. Ma forse è proprio questa testardaggine che le dà la forza e il coraggio di lottare fino alla fine e di decidere da sola cosa fare della sua vita quando la situazione diventa “grave, ma non disperata”. E il poco tempo che le rimane da vivere le permetterà di recuperare il rapporto con il figlio, di riconciliarsi con l’ex marito e di placare i vecchi rancori con il mondo. Una donna tutta d’un pezzo, che ci fa riflettere sul libero arbitrio, che riaccende il dibattito sull’eutanasia.
E ci fa pensare anche alle questioni familiari, a quanto spesso ci illudiamo di conoscere le persone a noi care e vicine e invece le ignoriamo. Trascuriamo il loro mondo interiore, i desideri più intimi, le grida che rimangono implose nel cuore.

In fondo è una commedia, perché ogni cosa si risolve con un sorriso.

I dialoghi sono costruiti ad opera d’arte, lei burbera, lui che non vorrebbe soccombere. Il gioco a due è difficile, ma gli attori tengono bene la scena.

A far da sfondo, la differenza tra soap opera e telenovela, che a lei proprio non entra in testa se non alla fine.

Ottima la scenografia e il gioco delle luci, rappresentativo dell’alternarsi del buio e del giorno nella vita quotidiana.

A seguire, nella replica di sabato c’è stato il dibattito: “Persona e dignità – la vita e i suoi confini. Consapevolezza e libertà di scelta”, con la partecipazione di Mina Welby, copresidentessa dell’Associazione Luca Coscioni, Enrico Luttmann, autore dello spettacolo, Marco Maria Casazza, regista di Segreti di famiglia; Francesca Muoio  e Davide Paciolla, rispettivamente autrice/regista e aiutoregista di Il Paese di chi se ne va.  A moderare l’incontro Francesca Alliata Bronner, giornalista de La Repubblica e blogger culturale di Huffington Post Italia.