
[rating=5] Terry Paternoster, classe ’79, sguardo intelligente, occhi seri, figura minuta, a vederla così sulla scena non sembrerebbe neppure una donna del sud. Ma questo è solo il primo dei molti immaginari che la regista-attrice riesce a sfatare in 60 minuti sul palco a proposito della “sua” Basilicata e non solo. Il suo pezzo M.E.D.E.A. Big oil, trionfatore al Premio Scenario nel 2013 è una vera perla, nera, sporca di sangue e petrolio e per questo ancor più bella.
Le luci e gli applausi sono tutte per loro, il gruppo Internoenki, un collettivo teatrale fondato nel 2010 dalla stessa Paternoster (cognome importante accidenti!) che rielabora in forma corale il mito della madre-assassina, donna-terra che uccide i suoi figli col veleno del greggio, fregiandosi al tempo stesso del tragicomico acronimo M.E.D.E.A. Master in Management dell’Energia e dell’Ambiente promosso dall’Eni. Già l’Eni, il gigante petrolchimico del cane a sei zampe, che succhia dalla Lucania ben l’80% delle risorse petrolifere nazionali con conseguente ma ovviamente non documentabile dissesto idrologico.
È questo colosso industriale impersonato dal grottesco “Ingegnere” che fa la parte dell’imbonitore e poi imbalsamatore di quei corpi giovani caduti nel nome del progresso, ma non certo il loro, è lui a contrapporsi quasi specularmente a Medea, la madre di quella grande famiglia lucana imprigionata in superstizioni e cantilene antiche, ancora legata alla tradizione della conserva in Agosto. E poi le scarpe, le chiavi, le buste che si riciclano, Viva Maria, Peppino che se ne vuole andare “alla Germania” e tanto altro ancora, ma non c’è niente che si possa spiegare fino in fondo, è uno spettacolo da vedere, ma soprattutto da sentire, con l’anima soprattutto, solo un inchino virtuale alla grazia del talento e alla coraggiosa sperimentazione di questi artisti, nient’altro.