
[rating=4] Un campo ricoperto di spighe e illuminato da una pallida luce lunare, nei pressi di quella villa chiamata “La Scalogna” che si trova sospesa «fra la favola e la realtà»: è su questa suggestiva ambientazione che si apre I giganti della montagna con l’adattamento e la regia di Roberto Latini, in scena nei giorni scorsi al Teatro India di Roma.
Le grandi protagoniste di questa rilettura dell’ultimo e incompleto testo pirandelliano – prodotta da Fortebraccio Teatro in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi, Festival Orizzonti . Fondazione Orizzonti d’Arte ed Emilia Romagna Teatro Fondazione, e finalista al Premio Ubu 2015 come miglior spettacolo dell’anno – sono le parole dell’originale, che nell’interpretazione di Latini diventano veri e propri personaggi che prendono per mano gli spettatori e li conducono nella storia dell’incontro tra i poveri guitti della Compagnia della Contessa e gli Scalognati capeggiati dal mago Cotrone.
La performance vocale di Latini – che, unico attore in scena, stando seduto su una sedia o arrampicato sui trampoli o in piedi su una specie di trampolino dà voce a Cotrone, a Ilse Paulsen, alla Sgricia e agli altri – incanta, seduce ed emoziona; a rendere ancora più fiabesca e onirica l’atmosfera ci pensano gli elementi di scena a cura di Silvano Santinelli e Luca Baldini. Degne di nota sono anche le musiche e i suoni di Gianluca Misiti, che proprio grazie alla colonna sonora di questo spettacolo ha vinto il Premio Ubu nella categoria “Miglior progetto sonoro o musiche originali”.
Animato da sempre da un’attrazione per i testi incompiuti («Sono così giusti rispetto al teatro: l’incompiutezza è per la letteratura, per il teatro è qualcosa di ontologico», afferma nelle note di regia dello spettacolo), Latini con questi suoi Giganti della montagna riesce egregiamente a conseguire l’obiettivo che si era prefissato, vale a dire portare le parole di quest’opera «“al di fuori di tempo e spazio” […] toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri, ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare»: l’altro che Latini raggiunge è un altrove che si trova tra la nostra dimensione e quella alla quale appartengono le figure, le creature e le apparizioni che popolavano i sogni e l’immaginazione di Pirandello e che Latini, da grande performer, riesce a evocare facendole diventare presenze tangibili venute a condividere con noi le loro storie.