
Cosa può spingere un affermato attore di cinema e televisione, quale è Luca Zingaretti, a calcare nuovamente le scene dei teatri italiani, se non la voglia di mettersi in gioco? Il gioco del teatro, si intende. Si, perché solo attraverso il teatro, a differenza del cinema e della tv, si ha una risposta immediata sul gradimento della performance attoriale. La sentenza arriva dal pubblico, implacabile e affascinante mezzo di valutazione di un intero lavoro. Questa alchimia si fonde unicamente in teatro, e solo chi proviene da esso può comprendere e carpirne il magnetismo che il pubblico ha sull’attore; come una sirena per i viaggiatori in mare. Zingaretti, spogliatosi dei panni ingombranti di Montalbano, si tuffa dunque di nuovo nel suo mare, nuotando contro corrente, e riportandoci a riva una piccola storia, delicata, delizioso frutto nato dalla penna del padre de Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi da Lampedusa.
Il racconto narra l’incontro a Torino di due uomini, entrambi siciliani: Paolo Corbèra, giovane laureato in giurisprudenza e redattore de “La Stampa”, e Rosario La Ciura, settantacinquenne, senatore ed il più illustre ellenista del tempo. La vicenda si svolge nel 1938, dove i due si incontrano ogni giorno in un caffè, «una specie di Ade», e a poco a poco tra loro, nonostante la differenza di età e di cultura, nasce una piacevole amicizia, fatta di incontri, di riflessioni e confessioni.
Dal racconto, oltre la storia, emergono tradizioni, odori e sapori della calda terra di Sicilia, che nonostante le grigie giornate torinesi, riscalda i cuori e le menti dei due novelli amici. Riaffiorano così l’odore della salsedine, il sapore dei ricci di mare, il profumo del rosmarino, il gusto del miele, le raffiche di profumo degli agrumeti, «l’incanto di Castellammare, quando le stelle si specchiano nel mare che dorme e lo spirito di chi è coricato riverso fra i lentischi si perde nel vortice del cielo mentre il corpo, teso e all’erta, teme l’avvicinarsi dei demoni».
Uno spettacolo, poiché chiamarlo lettura o reading come va tanto di moda oggi significherebbe sminuirlo, trainato da queste emozioni sanguigne e popolari.
Atmosfere rese palpabili grazie anche alle musiche originali di Germano Mazzoccheri, che profumano di tradizioni millenarie, ed eseguite con grazia dalla fisarmonica di Fabio Ceccarelli.
A dar corpo e voce ai due personaggi della storia, un elegante e impegnato Luca Zingaretti, eccellente nell’adattamento drammaturgico del raccontoLighea di Tomasi da Lampedusa e ammaliante narratore. L’attore romano, formatosi all’Accademia Nazionale d’arte Drammatica, materializza sulla scena a larghi tratti i caratteri e le voci dei due siciliani coinvolti nel racconto, scivolando lievemente nel concitato finale, quando il ritmo aumenta e la voce si fonde con la musica, perdendo gli accenti e i connotati dei personaggi che si sciolgono in un’unica voce.
L’arte del racconto di Zingaretti resta intatta e la storia magica de La sirena incanta il pubblico gremito nel Teatro Comunale di Lamporecchio, che chiude così un’ottima stagione di prosa fatta di spettacoli di richiamo e di qualità.
Dopo tanti applausi degli spettatori, due graditi bis, uno musicale e l’altro poetico che ha visto Zingaretti recitare una poesia di Montale: un inno all’amore dedicato a tutte le donne in sala.