L’incubo americano di Eugene O’Neill secondo Arturo Cirillo

Il regista partenopeo torna a mettere in scena i classici americani, toccando in tournée anche il Teatro Manzoni di Pistoia

Quando il talento non basta. Quattro interpreti talentuosi non sono riusciti a togliere la sottile patina di ruggine che riveste l’opera di Eugene O’Neill, Lunga giornata verso la notte, groviglio ripetitivo di dialoghi serrati ma propensi a stancare con una certa pallidezza e mancanza di nervatura. Questo giudizio un po’ duro vale a livello globale, perché picchi di lucidità mista a follia sono emersi, come resti di navi dal fondale marino, nel monologo ben costruito del fratello maggiore, brillantemente interpretato da Rosario Lisma, che è riuscito a mettere a nudo i fili roventi che legano i personaggi della pièce.

Non c’è che dire, anche Milvia Marigliano e Riccardo Buffonini non sono da meno a livello di intensità e bravura, pur rinchiusi in una drammaturgia poco snella che lascia non molti spiragli e a una regia, di Arturo Cirillo personalmente in scena, lineare ma con poca forza.

Il via vai delle battute iniziali riguardanti il miglioramento della condizioni di salute della moglie hanno un tono da vaudeville più che da dramma psicologico, contrastati poi dai silenzi e i momenti musicali, che però non risultano abbastanza estranianti da dare il colpo allo stomaco. Anche il finale lascia perplessi: la regressione all’infanzia della donna, la madre di famiglia dipendente dalla morfina e infelicemente trascinata dal marito in una vita fatta d’alberghi, solitudine e sensi di colpa, manca però di sfumature davvero raccapriccianti e si spegne come un debole amarcord, senza un vero e proprio colpo di scena. Cirillo nei panni dell’attore ormai usurato, arricchito ma degno del migliore Arpagone, egoista e insensibile, talvolta esagera con le tonalità della farsa e risulta a tratti spento, anche se con la sua notevole esperienza di regista e interprete riesce ovviamente a scalare il crinale.

I momenti più toccanti risultano le confessioni dei due fratelli, la fragile poesia del giovane, l’arrivo in piena notte del maggiore, entrambi ricoperti di tenebre e scintille, speranza e fallimento, disillusione. Finalmente qui il bocciolo si schiude e si avvertono i fremiti che il teatro sa provocare.