
[rating=5] Assistere ad una delle ultime repliche di Hamlice – Saggio sulla fine di una civiltà al Teatro Fabbricone di Prato, è stata una toccante gioia per gli occhi e per lo spirito.
Lo spettacolo della Compagnia della Fortezza scritto e diretto magistralmente da Armando Punzo, ha rievocato un superlativo viaggio vertiginoso: dal testo tragico dell’Amleto di Shakespeare verso il paese delle meraviglie dell’Alice di Carroll.
La performance ha avuto inizio ancor prima di entrare all’interno del teatro. Mentre gli spettatori erano ancora in attesa nel foyer, si sono sentite urla e grida sovrastate da una musica assordante provenire dalla sala. Poco dopo le porte si sono aperte su uno scenario completamente asettico, con pavimenti e pareti bianche, dove due fantasmagoriche figure, incarnanti il cappellaio matto/Sheakespeare e il bianconiglio, hanno guidato gli spettatori verso la gradinata.
Sulla scena un folle Amleto (Armando Punzo) con scarpe vertiginose pronunciava ad alta voce passi dell’omonima opera: “Questo è il teatro della corte, ci vuole coraggio ad entrare qui dentro”.
Dietro di lui a terra, un palcoscenico completamente bianco invaso da parole scritte ovunque, sul pavimento, sul fondale, sui vestiti, sugli oggetti e sulle quinte. Nel mezzo della scena, una corte di personaggi immobili, come statue di gesso, con il volto truccato, vestiti di bianco e di nero pronti a dar vita ai vari caratteri del dramma shakespeariano. L’unica linea di demarcazione tra lo spettatore e gli attori in scena è formata da ammassi di lettere cubitali di polistirolo, come un enorme muro di lettere crollato a terra.
Il cappellaio matto/Shakespeare inizia a scrivere con una penna parole nell’aria, si avvicina ai personaggi ed essi prendono vita, e con loro la scatola magica del teatro, dove un Amleto impossibile, che nello scontro con i padri (lo spettro, Claudio, Polonio e tutta la corte) e con la madre, nell’ubriacatura delle parole mille volte ripetute di un testo-monumento, si disgrega con lo squilibrio e l’anarchia fiabesca di Alice nel paese delle meraviglie. Crollano le colonne del potere di Amleto e così la favola e i suoi personaggi prendono sempre più campo, rompendo i contesti, incastrando le storie, frantumando parole e situazioni troppe volte raccontate e udite, personaggi da un passato scomodo, si intersecano con altri di ulteriori testi, aprendo la strada a un viaggio labirintico nella tana del bianconiglio, verso la fine della nostra società.
Ancora una volta l’ingegnosa regia di Armando Punzo riesce a stupire e colpisce nel segno, proponendo una macchina teatrale dove il mondo degli orrori e quello delle favole si fondono alla perfezione. Rimarranno a lungo nell’animo degli spettatori le emozioni che questo meraviglioso spettacolo ha prodotto: le luci, la musica, i colori, i trucchi, i costumi, i cambi scena, gli altissimi tacchi, la delicatezza e la verità di uno spettacolo perfetto, che rappresenta meglio di qualunque altro il vero punto di partenza e di arrivo del teatro di ricerca.
La Compagnia della Fortezza, alla quale va tutta la nostra gratitudine per il progetto che da oltre 20 anni sotto la guida di Armando Punzo sta portando avanti, conta molti attori/detenuti, usciti con un permesso di lavoro (articolo 21), ma anche vecchi compagni tornati a recitare pur avendo già scontato la pena, ed è la loro autenticità che più colpisce: artisti veri, puri, privi di quella seconda pelle degli attori professionisti, si “feriscono” in scena ed offrono agli spettatori il loro “sangue”.
Hamlice è uno spettacolo che va oltre le parole, che tocca gli animi per la sua raffinatezza e per la sua provocatorietà, trascinandoci nelle stanze oscure e improbabili del nostro intimo fino ad emozionarci.
Da segnalare gli eccezionali trucchi che delineavano i volti e le caratteristiche dei personaggi, i meravigliosi costumi, nonché i pulitissimi movimenti di scena e la voce sublime di Fabrizio Rippa.
Eccellenti le musiche dal vivo composte da Andrea Salvadori che hanno fatto da magica colonna sonora dello spettacolo, oltre alla sua presenza scenica che lo ha visto impegnato con vari strumenti, tra i quali pianoforte, harmonium, mandolino elettrico e xilofono.
Il vero momento catartico dello spettacolo è il finale, dirompente, che vede gli attori e il pubblico giocare al lancio delle lettere di polistirolo che fino ad allora avevano tracciato le macerie di un muro di divisione, ormai completamente gettato in aria.
Come all’interno di una palla di vetro scossa dalle mani sapienti di Armando Punzo, cade la neve più candida sugli spettatori.