Il genio di Gemito dalla pagina alla scena

In scena al S. Ferdinando Il genio dell'abbandono tratto dall'omonimo libro di Wanda Marasco

“O padre e madre che qui ne gettate
Alle vostre lemosine siamo raccomandati”

E’ l’epigrafe che figura su una parete della chiesa dell’Annunziata di Napoli dove è ancora conservata la Ruota degli Esposti, congegno girevole che mette in comunicazione l’esterno dell’edificio con l’annesso convento nel quale venivano lasciati i neonati. La pratica dell’abbandono di infanti molto diffusa tra ‘700 e ‘800 ha dato i natali ai figli dell’Assunta, ai figli dell’Annunziata, agli Esposti, diciture divenute nelle diverse declinazioni tra i cognomi più popolari in Campania.

La storia di Vincenzo Gemito parte da quella ruota e dall’ affetto di una donna di umili origini Giuseppina Baratta che l’ha adottato appena nato nel 1852. Già nel cognome che prende in consegna Vincenzo porta con sé un grido di dolore, un misto di passione, forza, turbamento che lo accompagnerà per tutta la vita. Gemito diventa uno degli artisti più rappresentativi del suo tempo, eccellendo nella scultura, rifiutando gli accademismi e battendosi per l’innocenza dell’arte. Gemito è un genio, un genio che nasce dall’abbandono.

In scena fino al 5 marzo al teatro S. Ferdinando di Napoli lo spettacolo Il Genio dell’abbandono tratto dal romanzo omonimo di Wanda Marasco, prodotto dallo Stabile di Napoli con la regia di Claudio Di Palma è un viaggio nella psiche delicata e complicata dell’artista napoletano.

Siamo nella casa di cura Villa Florian dove Gemito è ricoverato per gravi disturbi mentali. Appaiono come in sogno le persone più importanti della sua vita, sono proiezioni della sua mente, compagni di un quotidiano solitario ma affollato di fantasmi. Innanzitutto la madre che apre e chiude lo spettacolo, poichè anche se sconosciuta la madre è punto di inizio e congedo da questo mondo, poi Totonno (Antonio Mancini) compagno/collega sin dalla giovinezza. Sono “due pezzenti masturbati dalla gloria“, la loro sventura “non è mai stata la vita, ma l’arte cui cui la volevano vincere la vita“. Il padre adottivo, il maestro di bottega, la moglie, la figlia irrompono nella scena ognuno con il proprio dramma. L’unico personaggio per così dire reale è il medico della clinica, affascinato ma distante, come comanda il suo status, ricorda come la cosa più misteriosa resti la mente umana. La storia di Gemito si intreccia a quella di una Napoli dalla quale fuggire e alla quale tornare, una Napoli impressionista, inguacchiata, ‘nguaiata.

Il testo è potente, vivo, appassionato, ricercato nell’osmosi tra italiano e napoletano, Wanda Marasco è scrittrice ma soprattutto donna di Teatro che ha curato la trasposizione dal fortunato libro alla scena. Claudio Di Palma attore e regista incarna Vincenzo e i suoi drammi con passione e vigore fisico, Angela Pagano (Giuseppina Baratta) non tradisce la sua biografia che la vede tra le più brave attrici napoletane, Alfonso Postiglione spicca nei panni dell’amico Totonno per ritmo e verve comica. Gli altri interpreti seppur bravi sono comprimari a cui forse si poteva dare più spazio.

La regia volta all’esaltazione del testo porta in scena un’ambientazione cupa e soffocante che amplifica le ossessioni di Vincenzo. La scenografia è tra i punti di forza  di questa produzione, una cella che da mentale diventa fisica fatta di inferriate concentriche da scalare,  dietro le quali cercare protezione o dalle quali si vuole fuggire. Gemito si sente come un leone in gabbia e gli oggetti di scena rimandano alle prigionie del circo.

Il testo c’è, gli attori pure, la scenografia è eccezionale allora perchè dopo mezz’ora ho controllato l’orologio? Lo spettacolo manca forse di ritmo, degli slanci e della magia del grande Teatro. Manca il Genio quel quid difficile da definire che fa la differenza tra un compito ben svolto e un capolavoro.

PANORAMICA RECENSIONE
Regia
Attori
Drammaturgia
Allestimento
Pubblico
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il-genio-di-gemito-dalla-pagina-alla-scenaIL GENIO DELL'ABBANDONO Claudio Di Palma, regista e attore di riferimento dello Stabile di Napoli, porta in scena – in prima nazionale al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 22 febbraio al 5 marzo – l’adattamento teatrale del romanzo di Wanda Marasco Il genio dell’abbandono, edito da Neri Pozza, finalista al Premio Strega 2015. <br>Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, è interpretato da Angela Pagano (nel ruolo di Giuseppina Baratta), Claudio Di Palma (in quello di Vincenzo Gemito), Cinzia Cordella (Mathilde Duffaud), Paolo Cresta (il Dott. Virnicchi), Francesca De Nicolais (Peppinella Gemito), Giacinto Palmarini (Emanuele Caggiano), Alfonso Postiglione (Antonio Mancini), Lucia Rocco (Nannina Cutolo), Gabriele Saurio (Masto Ciccio). <br> Le luci sono di Gigi Saccomandi, le scene di Luigi Ferrigno, i costumi di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Paolo Vivaldi.